Oltre 100 agenti della Polizia di Stato sono stati impegnati in una operazione che ha portato all’arresto di 21 persone accusate, a vario titolo, di reati in materia di stupefacenti e armi. Per 15 è stato disposto il carcere, per 6 i domiciliari. Uno degli indagati è ancora ricercato.
Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile e coordinate dalla Procura di Messina, coordinata da Maurizio de Lucia, hanno consentito di far luce su una organizzazione criminale, armata, perfettamente organizzata che riforniva di droga i quartieri cittadini di “Gazzi” e “Manglialupi”. L’inchiesta nasce dalle rivelazioni di alcuni testimoni che, a fine 2018, avevano svelato l’esistenza di una centrale di spaccio nel rione “Gazzi”.
L’input è stato, poi, approfondito con intercettazioni e pedinamenti che hanno portato alla scoperta di due distinte cellule criminali: una più ristretta, che operava in Calabria ed era impegnata nel rifornire la seconda, più articolata e capillare, che immetteva sul mercato di Messina e provincia, grosse partite di cocaina.
Secondo l’accusa, l’organizzazione messinese era composta da più di 10 persone appartenenti a due nuclei familiari fra loro legati ai quali facevano poi riferimento numerosi pusher. Il “ciclo della droga” era curato in ogni dettaglio; la sostanza veniva occultata in luoghi di custodia esterni alle abitazioni – tombini, canalette di scolo, autovetture abbandonate, anfratti dei muri – e il non venduto veniva poi rimesso nei nascondigli.
Le donne della banda fungevano da vedette a protezione degli addetti alle forniture che si alternavano secondo un efficiente modello organizzativo. L’attività di spaccio non conosceva pause; gli acquirenti si avvicinavano ai pusher ad ogni ora del giorno della notte tanto che, in cinque mesi di sorveglianza, sono stati documentate più di tremila cessioni per un giro d’affari di 50mila euro mensili circa.
La continuità dei rifornimenti era assicurata da un gruppo di calabresi, anche loro arrestati, che gestivano i contatti con i vertici del gruppo dei “messinesi” attraverso cellulari dedicati che garantivano un elevato livello di riservatezza delle comunicazioni. Numerosi sono stati i casi in cui gli investigatori dell’Antidroga sono intervenuti in flagranza per intercettare lo stupefacente; in altre occasioni, invece, sono state scoperte e sequestrate armi e munizioni, ben conservate e perfettamente funzionanti, nella disponibilità del gruppo.