Il gruppo consiliare del Movimento 5 stelle, al consiglio comunale di Palermo, durante una conferenza stampa a cui erano presenti i consiglieri Ugo Forello, Viviana Lo Monaco, Giulia Argiroffi e Antonino Randazzo, ha puntato il dito su quella che hanno definito come l’abitudine dell’Amministrazione di Leoluca Orlando “di finanziare iniziative e manifestazioni culturali senza ricorrere a gare d’appalto“.
Sarebbero 113 i casi, per oltre 3 milioni di euro, tra il 2017 e il 2018, relativi alla prassi degli affidamenti diretti nel settore cultura che il M5S ha segnalato presentando un esposto alla Procura della Repubblica presso la Corte dei Conti della Regione Siciliana “per l’accertamento di un eventuale danno erariale prodotto alle casse comunali nei confronti degli amministratori, dirigenti e funzionari comunali autori delle condotte, omissive e commissive“.
Secondo quanto denunciato dai pentastellati ci sarebbero “profili di dubbia legittimità dell’impiego dei fondi del Patto per Palermo per le finalità e attività previste dalle determinazioni. I progetti finanziati – per una somma complessiva di € 1.534.600,99 – riguardano nello specifico, una serie di manifestazioni culturali ed eventi quali mostre, concerti, rappresentazioni teatrali, festival e convegni“.
Tali prestazioni, sembrerebbero, quindi, essere state affidate direttamente ad enti e associazioni culturali private e questo ventaglio di iniziative culturali sembra siano scollegate, poco strutturate e non confacenti ai reali obiettivi funzionali e operativi del Patto per il Sud, che richiederebbe interventi più marcati.
“Ci si chiede, pertanto – affermano – se la linea adottata dall’Amministrazione comunale di destinare ingenti somme di denaro per questi eventi sia da considerare legittima. Ciò che sembra mancante in questa vicenda è l’elaborazione di una visione, di un piano e di un progetto di carattere generale volto a favorire – in modo organico – lo sviluppo culturale della città. In altre parole, l’assenza di prodotti più strutturati, ottenibili solo dopo un’attenta analisi delle strategie necessarie da mettere in campo, per attivare il massimo coinvolgimento di tutti gli operatori e avere, così, significative e durature ricadute sul territorio”.
Sarebbe dunque impossibile ricorrere a procedure selettive e concorsuali perché – per definizione – “ogni rappresentazione teatrale, musicale, fotografica, pittorica, letteraria, cinematografica, nonché ogni festival di teatro, musica, fotografia, pittura, letteratura, cinema sarebbe un prodotto unico per definizione. Ma così non è, come ha dimostrato anche lo stesso Comune di Palermo che, quando ha svolto una corretta attività preliminare e preparatoria di pianificazione e programmazione culturale, ha pubblicato bandi e gare aperte ad enti e associazioni culturali attive negli specifici settori di interesse. Con le 38 determinazioni dirigenziali, il Comune di Palermo sembrerebbe avere violato o, comunque, tentato di eludere la normativa prevista dal codice degli appalti“.
Dunque, da questo si evince che se il Comune di Palermo avesse voluto realizzare un “festival delle letterature migranti”, un “centro internazionale della fotografia”, un “progetto cinema e teatro”, una “notte di zucchero”, un “film fest”, un “teatro per ragazzi, l’arte adotta un bambino”, una “settimana degli studi danteschi” etc. o, ancora, un progetto su un determinato quartiere, come quello di Ballarò, avrebbe dovuto predisporre un bando nel quale indicare i termini, gli obiettivi e le finalità che intendeva perseguire, permettendo a tutti i soggetti culturali interessati di presentare un’adeguata offerta progettuale.
“Per altro verso risulta incomprensibile come si siano potuti finanziare in modo diretto iniziative, festival, fiere quali eventi che si susseguono anno per anno, con le medesime caratteristiche e condizioni, come la “34esima edizione della macchina dei sogni”, la “XII edizione del film festival sole luna”, la seconda edizione della “via dei librai”, con affidamenti diretti di fondi strutturali come il patto per il sud, e destinati sempre a specifiche associazioni culturali private.
“Se ci fosse stata una gara pubblica avrebbero partecipato altre associazioni ed enti, le proposte culturali sarebbero state di numero maggiore e in grado di assicurare meritevoli prestazioni a costi più contenuti“.