In questi tempi funestati dal coronavirus ci piacerebbe conoscere i volti di tutti i medici, degli infermieri, del personale sanitario, delle forze dell’ordine che stanno lavorando per la nostra sicurezza e che ogni giorno rischiano la loro vita per questo. Ci piacerebbe, per dare un nome a chi sta in trincea. È il senso più alto dello Stato, servire i suoi cittadini, i più deboli, chi ha bisogno di aiuto. Sono giorni infiniti in cui il tempo sembra prendersi beffa di noi come un dono inaspettato che ti mette a disagio.
Ci sono regali invece che ti fanno sentire tutta la forza dell’umanità che non stiamo smarrendo, nonostante tutto e nonostante noi. Oggi ho ricevuto un lungo messaggio da un amico siciliano che vive in lombardia da molti anni. Una lettera, mi piace definirla così anche se non profuma d’inchiostro. Lui è un maresciallo dei carabinieri. Un uomo che ha scelto di servire lo Stato e di farlo in maniera rigorosa, anteponendo sempre il bene collettivo a quello personale. Lui sta in trincea in uno dei luoghi più colpiti ed è uno di quei volti che alla fine di questo caos dovremmo tutti abbracciare.
Della sua lettera ci ha chiesto di farne buon uso e anche se non possiamo scrivere il suo nome, è un dono che desideriamo fare ai nostri lettori e a quanti in queste ore rischiano la loro vita lavorando e continuando a fare il proprio dovere.
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“Oggi sono molto giù di morale, forse la morte del mio collega o forse i numeri dei contagiati che non calano, ma non voglio perdere la speranza e cerco in me stesso il coraggio per andare avanti. Io non so come finirà tutto ciò. Non so cosa ci riserva il futuro, ma di certo so cosa viviamo in questi giorni. Una situazione del genere sembra surreale, ma purtroppo è reale ed è altrettanto reale il senso di unità nazionale misto ad uno spiccato patriottismo che danno vita a tante emozioni. Paura, sconforto, ansia, frustrazione e soprattutto incertezza sul domani.
Qui in Lombardia sembra quasi ci sia stato uno tsunami di vasta entità che ha travolto ognuno di noi distruggendo sogni, progetti, ambizioni. Sembra quasi che Milano, la grande Milano, una città ferita, sia diventata così piccola e vulnerabile dinanzi ad un nemico tanto subdolo quanto scaltro.
Ma non è solo la “mia Milano” a piangere i suoi cari, altre città come Bergamo, Brescia, Lodi e altre ancora stanno pagando uno scotto altissimo. I morti non si contano più, i contagi sono sempre più frequenti, la libertà è ridotta ai minimi termini.
Io sono un rappresentante delle Forze dell’ordine, sono siciliano ma vivo da anni in Lombardia, sono uno dei tanti figli adottivi di Milano, uno di quelli che ha rinunciato al mare e alla famiglia per amore di una terra non mia ma che ho imparato ad amare e rispettare come se lo fosse.
Oggi questa terra è in crisi e la rinomata arroganza del milanese ricco e borghese non si percepisce più. Nell’aria si sente la paura, la disperazione, si vedono autoambulanze blindate, le famose mascherine sono ovunque e soprattutto si sente il bisogno di confidare in persone fidate. Medici, infermieri, poliziotti, carabinieri, sindaci e preti… ognuna di queste figure riesce a dare un minimo di conforto a quelle persone, soprattutto agli anziani, che cercano un rifugio sicuro che purtroppo al momento non esiste.
Con i miei colleghi cerchiamo di aiutare chi ha bisogno, siamo pronti anche a far la spesa e portarla in casa, siamo pronti pure al sacrificio personale perché oggi serve l’aiuto collettivo, serve dare fiducia alla gente, serve far capire che NOI ci siamo, lo Stato c’è, l’Italia c’è.
Aiutiamo i nostri cari, aiutiamo i nostri nonni e aiutiamo noi stessi. Stiamo a casa, solo così potremo salvarci!
“IO DEVO USCIRE PER FORZA MA VOI STATE A CASA, MI PRENDERÒ CURA IO DI VOI” questo ho detto alle persone anziane che vivono nel mio palazzo e lo ribadisco oggi a tutti coloro che leggeranno queste righe. Insieme saremo più forti e riusciremo a venirne fuori perché noi siamo L’ITALIA.
Firmato… Un italiano”