Carissimi,
Continuava a tenermi fermo l’avambraccio sinistro mentre mi parlava e continuava a cadenzare quel fastidioso “mi ha capito?”. E io pensavo tra me e me: “ora lo picchio!”. Ma quando mai, non sono stato mai una persona violenta, benché da pacifico tollerante se portato ad un carico di rottura chi sa che cosa avrei potuto fare, quale esplosione violenta e inusitata, quale reazione sproporzionata mi avrebbe potuto sollecitare quel suo “mi ha capito” al posto di un più educato “mi sono spiegato”.
E intanto l’aver messo le mani di sopra, il subire quella violenza tattile durante la discussione stava per farmi esplodere, mentre dovevo mantenere il sorriso delle circostanze e fu in quel momento che decisi di scendere sul suo campo da gioco, accettando regole e codifiche, uscendomene con un semplice: “d’altronde”.
Il mio interlocutore in pochi minuti, mi aveva spiegato con una logica idiota che il vero idiota in questo momento ero io, continuando ad usare una serie di frasi fatte, fin quando utilizzo quella peggiore che io avessi potuto sentire e cioè: “cu è fissa si sta a casa!”.
L’ho riempito di pugni, fino a fargli uscire sangue dal naso finché il mio raziocino non mi riporta dal sovrappensiero alla realtà, facendomelo abbracciare e baciare ipocritamente, celando tutto il mio disprezzo, prima di augurargli “Buon Natale e Buon Anno a lei e alla sua famiglia e soprattutto mi stia bene”.
Non vedevo quell’omino da venti anni, dai primi periodi in cui condividevamo l’ufficio, io giovane neo assunto, con un bel titolo di studio e tanta voglia di cambiare il mondo e lui scafato mezza manica emblema di un sistema e di una burocrazia ben stigmatizzata in tutti i luoghi comuni sul tipico impiegato della pubblica amministrazione.
Io pronto a mettere a disposizione dopo un concorso la mia professionalità per cambiare il mondo ad iniziare dal pubblico impiego, visto che per la famiglia nata nel dopoguerra il posto pubblico e la pensione erano un punto fermo del credo e che non bisognava rischiare perché per il futuro non si poteva mai sapere.
Lui senza alcun titolo, entrato per chiamata diretta a seguito di frequentazioni di corsi saputi in cerchie ristrette dagli amici degli amici, poi diventato anche sindacalista e portato avanti da amicizie politiche trasversali. Lui che spendeva tutto il suo tempo ad ostentare i suoi privilegi e a dileggiare di contro i miei studi, ricordandomi che era inutile che mi “annacassi” tanto lì dentro eravamo tutti uguali, poiché loro erano la massa e costituivano i numeri, quelli che portavano i voti ed io di contro facevo parte di un élite (fuori) di quattro gatti, le cui esigenze non sarebbero interessate a nessuno. Del resto l’avevo scelto io di fare il pubblico impiegato da laureato e quindi dovevo avere chiaro che il mio punto di riferimento non sarebbe mai stato Pier Luigi Nervi, ma Fantozzi e che anche io mi sarei dovuto cercare “lo zio”, le cosiddette “aderenze” perché “cu è fissa si sta a casa!”.
Bene, ne ho viste cose in questi venti anni che Voi umani ……….. ho visto costui andare in pensione con il massimo livello, in anticipo, dopo aver fatto entrare a deliziare la p.a. anche i figli e con lo stesso metodo.
Ci sarebbe da scrivere un libro che avrebbe solo l’effetto di tediare o incattivire gli animi di chi si chiede perché in Italia siamo arrivati a questo punto, ma è chiaro a tutti, “i fissa ristammu a casa” e oggi in giro e nei posti che contano sarà raro a qualunque livello trovare “un curriculum”.
“Siamo rimasti a casa” e abbiamo permesso che la mediocrità dilagasse incutendo, e qui sta la beffa, “l’artificiosa paura indotta attraverso i media” che potrebbe andar peggio e quindi meglio non lamentarsi, accontentarsi di quel poco, consentire che attraverso “leggine di una stagione” si aprano finestrelle che “allarghino la forbice”, impediscano “l’uso dell’ascensore”, anche in assenza di incendio e specialmente se la sua marca è “ascensore sociale”.
E voi pensate che uno come me, o tanti come Voi possano scegliere ad esempio l’Ing. Murfy e le sue leggi? Mai e poi mai e nella certezza e non più speranza che l’anno nuovo porti salute, lavoro e felicità, intanto “sorridi domani andrà peggio!”.
Un abbraccio, Buon 2019, Epruno