Fede e hispanidad a prima vista fra la Sicilia e Jorge Mario Bergoglio. L’esprit ispanico dei siciliani riconosce l’anima argentina del Pontefice. Parlano un unico linguaggio. Lanciano gli stessi sguardi. Gesticolano e sorridono istintivamente. Ecco perchè, anche se fugace, la visita pastorale di Papa Francesco a Piazza Armerina e a Palermo è destinata a lasciare una traccia profonda nell’Isola.
Bergoglio ha letteralmente conquistato l’animo dei siciliani, ha vinto la loro diffidenza e li ha commossi fino alle lacrime. E non ha lasciato indifferente anche il lato oscuro della Sicilia, quello della mafia. Anzi con Cosa nostra Papa Francesco ha ingaggiato un dialogo unilaterale a distanza, facendo chiaramente intendere a padrini e gregari delle cosche che sono all’ultima fermata prima dell’infermo del carcere a vita.
Sulle orme di don Pino Puglisi, col tono pacato del padre misericordioso, Francesco ha offerto un’ultima possibilità di autentica redenzione anche ai boss più feroci e irriducibili, anche ai capimafia che il 15 settembre del 1993 ordinarono a un killer di assassinare con un colpo alla testa il parroco missionario.
Eroe inconsapevole e mite rivoluzionario della fede Padre Puglisi col Vangelo in mano mostrava ai giovani delle periferie palermitane la differenza fra il bene e il male, fra l’amore e l’odio. Una differenza che nessuno aveva mai concretamente mostrato loro. Quasi sussurrando Bergoglio ha pronunciato parole destinate a fare breccia nei cuori induriti e spietati di impenetrabili criminali mafiosi e a insinuare dubbi nelle mentalità ancestrali di quanti si ostinano a rinunciare anche all’affetto dei figli e delle mogli pur di non pentirsi e collaborare con la giustizia.
Oltretutto parole di pace e non di contrapposizione quelle del Pontefice, che non ha esitato a definire “fratelli e sorelle” i mafiosi per poi precisare però che “non si può credere in Dio ed essere mafiosi. Abbiamo bisogno – ha sottolineato il Papa – di uomini e di donne di amore, non di uomini e donne di onore; di servizio, non di sopraffazione; di camminare insieme, non di rincorrere il potere”. E poi l’appello: “Voi sapete che il sudario non ha tasche, non potreste portare niente con voi. Convertitevi a Gesù Cristo! Altrimenti, la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte”. Se il seme della speranza di una conversione germoglierà e si trasformerà in pentimento di esponenti mafiosi, Don Pino Puglisi e Papa Francesco avranno davvero compiuto il miracolo di segnare probabilmente l’inizio della fine della mafia.
(Gianfranco D’Anna, per Italpress)