Si commuove al ricordo del padre, anche se la sua deposizione dura solo pochi minuti. Le parti, pm e legali degli imputati, decidono di acquisire le dichiarazioni rese in fase di indagine da Marzia Fragalà, figlia del penalista assassinato a Palermo a febbraio del 2010. “E’ una forma di rispetto per la figlia del collega”, dice uno dei difensori degli imputati: sei mafiosi sotto processo davanti alla corte d’assise di Palermo con l’accusa di omicidio aggravato.
E Marzia Fragalà, che ricorda in lacrime quando giurò da avvocato ma il padre non poté essere presente, racconta ai giudici anche un episodio che confermerebbe la tesi dell’accusa secondo la quale il legale Enzo Fragalà fu aggredito brutalmente dai sicari di Cosa nostra perché ritenuto “colpevole” di indurre i suoi assistiti a collaborare alle indagini. «Dopo il delitto – ha detto deponendo – un cliente di papà, Onofrio Prestigiacomo, durante un colloquio, mi disse che mio padre era definito “avvocato sbirro“».
E la tesi delle pm Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco viene ribadita anche dalla deposizione di una collega di studio di Fragalà, l’avvocato Loredana Lo Cascio che ricorda in aula la vicenda che vede protagonisti due favoreggiatori del boss Nino Rotolo, uno dei quali assistito proprio da Fragalà. Quando il penalista scoprì, attraverso indagini difensive, che il cliente gli aveva mentito, usò nella difesa una lettera della moglie del capomafia da cui si evinceva il ruolo di prestanome di beni mafiosi che l’imputato aveva svolto per conto della donna e del marito.
I legali degli imputati, Francesco Arcuri e Antonino Siragusa, Salvatore Ingrassia, Antonino Abbate, Paolo Cocco e Francesco Castronovo, hanno domandato alla teste particolari su una effrazione nel garage della vittima prima del delitto, garage in cui erano contenuti archivi della cause dell’attività politica svolta da Fragalà e di un episodio di richiesta di pizzo che il penalista subì allo studio. Le difese mirano a introdurre scenari e moventi del delitto differenti rispetto a quelli prospettati dall’accusa.
Durante l’esame di uno dei testimoni oculari dell’aggressione – Fragalà fu massacrato a bastonate a pochi metri dallo studio, dietro al tribunale di Palermo, il boss Antonino Abbate, che aveva contestato la decisione del presidente della corte, Sergio Gulotta, di non ammettere le domande di alcuni legali alla teste, è stato duramente bacchettato dal giudice. Il processo è stato rinviato al 9 novembre.