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Ci fu un periodo in cui la Sicilia era suo malgrado avamposto di set cinematografici internazionali e non: così fu tra gli altri per la realizzazione de “Il Gattopardo” diretto da Luchino Visconti, vincitore della Palma d’oro come miglior film al 16º Festival di Cannes.
Correva l’anno 1963 quando la pellicola, il 27 marzo a Roma, venne proiettata per la prima volta ma la realizzazione, tra vicende alterne e lungaggini, richiese ben quindici mesi di lavorazione, con un cast d’eccezione che contava Alain Delon e Claudia Cardinale.
Si cominciò nel 1958 a pensare all’idea del film per poi “sbarcare” a Ciminna solo sul finire del 1961: decine di grossi mezzi, ci ha detto Giuseppe Cusmano, presidente dell’Associazione BC Sicilia, sezione Ciminna, arrivano in quel paese dell’entroterra siciliano che impiegò alcuni mesi per comprendere la portata di quell’evento.
E come sempre accade, ciò che succede dietro le quinte di un’opera aggiunge un tocco in più al lavoro finito: a sessant’anni dall’uscita del romanzo, infatti, si trova esposta a Palermo, alla Biblioteca regionale Alberto Bomabace, la più grande esposizione fotografica realizzata con gli scatti delle riprese dell’epoca e, per l’occasione, anche le copie del libro in diverse lingue, tra cui l’arabo.
Grandi pannelli, ventisei, raccontano in frammenti che continuano a conservare un fascino unico, pose e retroscena inediti o favoleggiati nel tempo: backstage dove il regista Luchino Visconti spiega come interpretare la parte. Altre foto, invece, riguardano il grande lavoro che si svolgeva dietro le cineprese e la quantità di persone che partecipavano a vario titolo come comparse, truccatrici, fotografi, elettricisti; tutti momenti di una grande avventura di cui non vi sarà mai traccia sul grande schermo.
La preparazione del Film
Promotore della trasposizione cinematografica del romanzo di Tomasi di Lampedusa fu il proprietario della Titanus, il produttore napoletano Goffredo Lombardo. Fu lui ad acquisire, si dice a caro prezzo, i diritti dell’opera letteraria e a scegliere come regista Luchino Visconti.
Un lavoro di grande impegno che riportò in vita gli ambienti dell’aristocrazia siciliana e le atmosfere del romanzo. Ineccepibile il cast di attori, primo fra tutti Burt Lancaster, anche se Visconti avrebbe preferito Laurence Olivier o il sovietico Nikolaj Čerkasov.
Sembra che il regista di nobili origini abbia definito Lancaster “un cowboy o un gangster” e per questo poco adatto a interpretare il ruolo di un aristocratico siciliano; ad imporgli l’attore americano nel ruolo di don Fabrizio Salina fu lo stesso produttore Lombardo.
“Il Gattopardo” venne interamente girato in Sicilia, ad eccezione delle scene dell’interno del palazzo di Donnafugata, che furono ricostruite nelle sale di Palazzo Chigi ad Ariccia.
Nell’autunno del 1961 il regista effettuò i primi sopralluoghi in Sicilia, con lo scenografo Mario Garbuglia e il 14 maggio 1962 iniziarono le riprese. Nelle settimane che le precedettero, Garbuglia si trovò a dirigere, contemporaneamente, diversi cantieri per le realizzazioni delle scene dell’ingresso dei garibaldini a Palermo, mentre allo stesso tempo si lavorava alla casa del principe a Boscogrande, alla sua residenza estiva di Donnafugata, a Ciminna, e all’osservatorio.
Le costruzioni di Palermo, fra cui quella della Porta civica attraverso la quale irrompono le Camicie Rosse, furono completate nel giro di quindici giorni; in ventiquattro giorni vennero portati invece a termine i lavori alla villa Boscogrande che venne restaurata in molte sue parti. Solo Palazzo Gangi, sempre a Palermo, dove fu girata la celebre scena del ballo, era in buono stato di conservazione e richiese solo pochi interventi scenografici.
“Ma questo è niente in confronto a quello che abbiamo fatto a Ciminna” – scrive Garbuglia – “Il paese era stato scelto perché la sua piazza, con la chiesa in fondo, corrispondeva “quasi” in tutto a quella dell’immaginaria Donnafugata, quel “quasi” sta per l’assenza di un piccolo particolare: mancava infatti il palazzo del principe di Salina. E il palazzo l’abbiamo fatto noi“.
L’ingresso alla mostra, in esposizione fino al 7 dicembre secondo gli orari della Biblioteca, è libero.