“Continueremo a lavorare affinché nei prossimi gradi di giudizio l’eliminazione dell’interdizione sia definitiva. Ancora non è tale (come invece riportato da alcuni organi di stampa). C’è comunque stato un ulteriore passo importante: la sentenza di ieri si pone come parentesi su questioni tecnico-processuali e non entra nel merito delle accuse“.
Così l’ex sindaco di Catania, Enzo Bianco, torna con una nota sulla sentenza della Corte dei conti, a sezioni riunite, da lui resa nota ieri, sull’interdizione dai pubblici uffici per dieci anni ai quali era stato condannato in primo grado, insieme ad un risarcimento, nell’ambito delle indagini erariali sul dissesto finanziario del comune etneo. I giudici, intervenendo su richiesta della Procura generale, hanno ribadito che, nel caso trattato, è possibile decidere anche sull’interdizione dai pubblici uffici.
“Non ci fermiamo – aggiunge Bianco – il processo di appello continua e in esso ci batteremo con determinazione per dimostrare l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione della sanzione interdittiva e, soprattutto, confermare la piena correttezza dei nostri comportamenti”.
La sezioni riunite della Corte dei conti si sono espresse sulla richiesta del Procuratore generale se “con il rito sanzionatorio previsto dagli art. 133 e seguenti” possa valutarsi “solo l’applicazione delle sanzioni pecuniarie previste” o possa anche “accertarsi la prevista connessa natura interdittiva”.
Sanzione interdittiva di dieci anni che, nel caso in questione, era stata decisa dal giudice monocratico e poi esclusa, in parziale modifica della sentenza di primo grado, dalla sezione territoriale in composizione collegiale.
Le Sezioni riunite della Corte dei conti hanno ritenuto di “aderire all’opzione prospettata nell’atto di deferimento” della Procura generale ritenuta “sostenuta dalla giurisprudenza maggiormente possibilista, in quanto più coerente logicamente col quadro ordinamentale processuale e, soprattutto, più ossequiosa dei principi di concentrazione delle tutele, giusto e ragionevole processo”. E hanno enunciato il principio secondo cui “con il rito sanzionatorio può valutarsi l’applicazione delle sanzioni pecuniarie” e anche i “presupposti di fatto che determinano le connesse misure interdittive”.