Il vicesindaco di Siracusa Edy Bandiera ha accolto la richiesta del leader di Sud chiama Nord. L’ex deputato all’Ars si candida alle Europee dell’8 e del 9 giugno nella lista “Libertà” di Cateno De Luca.
La sfida sarà quella di rappresentare il territorio siracusano e di mettere a disposizione della comunità la competenza maturata e la voglia di spendersi all’interno delle istituzioni europee per la tutela e la promozione dell’agricoltura di qualità, delle produzioni agroalimentari dell’Isola e del capitale identitario rappresentato dalle marinerie siciliane e dal mondo della pesca mediterranea.
Una nuova avventura politica, dunque, per Bandiera ricordato anche come ex assessore regionale all’Agricoltura, fattivo e sempre concreto.
Cateno De Luca le ha chiesto di scendere in campo per Bruxelles. Come nasce la sua candidatura e come procede?
“La mia candidatura nasce da una espressa richiesta di Cateno De Luca, in una corretta logica di voler rappresentare i territori ed anche, presumo, in virtù della mia esperienza amministrativa e politica, soprattutto rispetto alla gestione dei temi dell’agricoltura, della zootecnia, della pesca e dell’agroalimentare, deleghe che ho portato avanti durante il mio mandato istituzionale all’assessorato della Regione Siciliana e centrali nelle politiche della Unione Europea. La nostra è una lista ben rappresentativa e stiamo lavorando per superare la soglia di sbarramento e per portare a Bruxelles uomini e donne che hanno a cuore e difendono l’identità dei territori, le loro peculiarità e potenzialità.
La Sicilia, oggi a Bruxelles, vive un deficit di rappresentanza politica e di contenuti su temi fondamentali della nostra società e della nostra economia. Sono in campo, perché, facendo leva sulle mie competenze professionali e sulle esperienze maturate in tema di agroalimentare, tutela delle nostre marinerie e gestione di fondi comunitari, voglio colmare questa lacuna impegnandomi per rilanciare le potenzialità della nostra terra, che si caratterizza anche per un importante patrimonio identitario ed uno straordinario capitale umano. L’obiettivo è invertire la rotta e dare una scossa all’Europa, che deve guardare con maggiore attenzione alle questioni della Sicilia, anziché continuare a barattarne le sue risorse, consentendo l’invasione di prodotti extracomunitari che quotidianamente attentano alla nostra salute e al nostro sviluppo economico, occupazionale e quindi sociale”.
Tra i segmenti economici più importanti dell’Isola ci sono anche quelli dell’agricoltura e pesca. Oggi cosa occorre, secondo Lei, alla Sicilia?
“Servono delle contromisure da attuare in Europa per i settori dell’agricolo e della pesca. L’Europa ci ha traditi, non ha osservato con coerenza le politiche comunitarie su agricoltura, allevamenti e pesca e in particolare mi riferisco a questa Pac – la Politica agricola comunitaria -, nata negli anni ’60, per garantirci la quantità e la qualità delle produzioni degli stati membri e poi negata con accordi commerciali che hanno ammazzato il meridione d’Italia e le nostre eccellenti produzioni, facendo entrare produzioni in enormi quantità e di pessima qualità alimentare, che ammazzano, anche azzerandoli, i prezzi ai nostri produttori. Ricorderà che, da assessore regionale, mi sono occupato di mettere in atto un serio meccanismo di controlli all’interno dei nostri porti e della grande distribuzione organizzata. Ricorderà del grano della ex Russia sequestrato, dei limoni argentini che ho fatto sequestrare e distruggere, perché trattati con prodotti cancerogeni e venduti come siciliani e biologici. In tre anni ho fatto fare 5500 controlli e 30 mila analisi di laboratorio. Sono state centinaia le intercettazioni di prodotti non conformi e bloccate. Anche i nostri pescatori sono stati lasciati soli, perché l’Europa non si vuole occupare del Mediterraneo. Lo ha lasciato in usufrutto alla Libia e ai Paesi a noi frontalieri, che fanno tutto ciò che vogliono. Compreso sparare e sequestrare i nostri pescatori. Con le sue politiche di vessazione ai pescatori, con le crescenti zone di interdizione alla pesca, il sistema delle quote, il fermo biologico, il satellitare a bordo e tra poco anche le telecamere, tratta i nostri pescatori peggio dei delinquenti, che neanche ai domiciliari hanno questi sistemi di controllo”.
Sicuramente, in giro per la Sicilia, sta incontrando tanti addetti dei settori dei quali si è occupato. Cosa le dicono?
“Mi stanno manifestando grande affetto e insieme a me ricordano le tante cose fatte. I 2000 giovani ai quali, con la misura 6.1 del Programma di Sviluppo Rurale, distribuendo loro 265 milioni di euro, ho consentito di avviare la loro prima azienda agricola, un miliardo di euro di fondi comunitari distribuito alle nostre aziende in tre anni di mio mandato da assessore, l’introduzione della misura del benessere animale, l’attuazione, per la prima volta in Sicilia, della Banca della Terra con l’assegnazione a tanti ragazzi siciliani di centinaia di ettari di terreno che erano di proprietà della regione, abbandonati o in mano alla mafia dei pascoli, la legge sulla pesca che mancava in Sicilia da 20 anni e che ha introdotto, tra l’altro, pesca-turismo, ittioturismo, ecc. Sono cose fatte e importanti, ma non bastano. Occorre andare in Europa, far cambiare i trattati, occuparsi dei controlli alle frontiere e giungere ad una gestione condivisa del Mediterraneo, sulla base di regole chiare e uguali per tutti. Occorre mettere al centro chi lavora e produce e non le lobby. Noi crediamo di aver realizzato fatti e maturato esperienze, per conoscere ed attuare le giuste ricette. Dagli altri continuiamo ad ascoltare i soliti faremo…”