“E’ essenziale fermarsi un attimo e riaprire il dialogo con tutte le forze politiche alternative al disastroso governo Crocetta. Non mi arrendo all’idea di spaccare il centrodestra e consegnare la Sicilia, e poi l’Italia, ai Cinque Stelle, sapendo di avere tutte le carte in regola e gli uomini giusti per vincere ed offrire ai siciliani un futuro migliore”.
Sembrano le parole di un guru votato alla salvezza della patria assediata dall’arrivo di barbari pericolosi. E invece è soltanto Gianfranco Miccichè, a cui – ancora una volta – il centrodestra ha consegnato le sorti della propria compagine politica e della Sicilia. A parlare di unità del centrodestra, peraltro, è quello stesso Miccichè che cinque anni fa decise di andare per conto proprio, autocandidandosi contro il centrodestra alla presidenza della Regione Siciliana e consegnando, di fatto, la Sicilia a Crocetta e al Pd.
Sì, Miccichè oggi appare come un novello salvatore della patria sicula, al punto che getta acqua sul fuoco delle polemiche interne al proprio partito e a quelle dello schieramento “moderato”. “Dobbiamo resettare incomprensioni ed eventuali malintesi, e sederci tutti attorno ad un tavolo serenamente, sapendo che l’unico veto accettabile e’ il veto alla sconfitta – dice -. Lo dobbiamo ai tanti siciliani che guardano con speranza alla proposta politica del centrodestra, lo dobbiamo ai nostri figli, lo dobbiamo alla Sicilia, e dobbiamo farlo presto”.
Parole sante, parole bellissime. I figli ringrazieranno per decenni. Ma intanto, resta un dato incontrovertibile: Micciché è anche quella stessa persona che quest’inverno ha stoppato le primarie del centrodestra che avrebbero dovuto sancire il nome del candidato governatore. E guarda caso, in lizza c’erano Musumeci e Armao. Gli stessi che adesso sono al rush finale per chi dovrà essere impalmato quale candidato ufficiale della coalizione.
Ecco, se si fossero fatte le primarie del centrodestra sarebbero stati i cittadini di centrodestra a decidere il nome del proprio candidato, mentre adesso, il dato politico è che qualsiasi nome dovesse alla fine prevalere, sarà comunque il risultato di accordi di palazzo fra le forze politiche. Accordi, trame, veti e strizzatine d’occhio rispetto cui i Siciliani appaiono ormai decisamente disaffezionati. Specie in una terra, come la nostra, nella quale il centrodestra in questi cinque anni non ha fatto – con alcune eccezioni – alcuna opposizione visibile al governo Crocetta.
E dunque, Musumeci e Armao – che l’opposizione l’hanno fatta – rischiano perciò (in caso di investitura ufficiale da parte del centrodestra) di risultare agli occhi degli elettori come un paravento, dietro cui potrebbero risultare rianimate forze politiche ormai in coma profondo e con una credibilità tutta da verificare. Sapranno i nostri eroi rianimare il paziente moribondo? E soprattutto, è questo ciò di cui ha bisogno la Sicilia?
Agli elettori la risposta.