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Si parte da Sambuca

Emigrazione e spopolamento: dagli Usa in Sicilia per studiare 50 anni di cambiamenti

venerdì 12 Gennaio 2024

In 50 anni la Sicilia ha visto cambiare il suo contesto sociale, alle prese con problemi antichi come l’emigrazione e con processi nuovi come lo spopolamento, l’invecchiamento della popolazione e gli alloggi vuoti nei centri storici.

Sono le tendenze messe a fuoco dall’indagine allo stato ancora iniziale di due ricercatori americani sulla scia di un lavoro avviato, appunto mezzo secolo fa, dal sociologo Peter Schneider e dalla moglie antropologa Jane Schneider. Anche Jeffrey Cole e Sally Booth sono compagni di vita.

Conoscono molto bene la Sicilia attraverso le loro ricerche. Lei ha affrontato, anche nella tesi di dottorato, il tema della ricostruzione del Belice dopo il terremoto del 1968 e ha esaminato le nuove forme di spazio domestico e pubblico e il paesaggio urbano nei paesi ricostruiti. Jeffrey ha studiato l’impatto dell’immigrazione nella politica e nella società. Dalla nuova ricerca è nato un suo libro sul nuovo razzismo in Europa. Il legame dei due studiosi con gli Schneider non è solo di tipo scientifico e culturale ma anche umano. Sally Booth era una studentessa quando negli anni Settanta seguì la famiglia Schneider a Sambuca di Sicilia, un paese della provincia di Agrigento, per occuparsi dei figli mentre marito e moglie facevano le loro ricerche.

Sambuca era stata scelta allora come una tipica comunità della Sicilia occidentale, e quindi come modello di riferimento per una indagine che, seguendo un filo storico, riguardava i modelli sociali e le condizioni della Sicilia. I risultati di quella ricerca si ritrovano in un libro di Peter e Jane Schneider (“Classi sociali, economia e politica in Sicilia”) nel quale Sambuca viene chiamata Villamaura, un nome che ha un’origine letteraria: lo usò Emanuele Navarro della Miraglia per indicare il posto in cui aveva ambientato il suo romanzo “La Nana”. Dopo tanti anni Sally Booth è tornata più volte con Cole a Sambuca-Villamaura e nella Sicilia occidentale.

Hanno prima studiato il lavoro di tanti immigrati in agricoltura, nei servizi domestici e in altri settori pubblicando un libro sul “lavoro sporco”. Quando ci sono tornati di recente hanno ritrovato una comunità che ricorda ancora con simpatia e senso di accoglienza i primi ricercatori americani e nel frattempo ha cambiato i suoi caratteri: meno laboratori artigianali, meno negozi di alimentari e più supermercati. Sambuca resta un punto di riferimento ma la nuova ricerca ha allargato il suo orizzonte. Nella prima fase Sally e Jeffrey hanno visitato numerosi paesi della Sicilia interna, hanno incontrato funzionari comunali, architetti, proprietari di immobili provenienti dall’Europa ma anche da Nord e Sud America.

Un fattore attrattivo importante – dicono – è rappresentato dall’offerta di case a uno o due euro. Ma il successo dipende dalla valorizzazione del patrimonio di bellezze locali, artistiche e naturali, e dalla capacità dei comuni di gestire programmi e iniziative”. E poi è necessario puntare, sostengono, sui prodotti di alta qualità e sul turismo. Con le case a un euro e le altre risorse, è il punto focale della nuova ricerca, “le città più piccole possono trattenere alcuni dei loro giovani e frenare i processi di spopolamento”. Non è certo una soluzione ma una strada proiettata verso il futuro.

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