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Ente di Sviluppo Agricolo: meglio abolirlo o riformarlo?

sabato 12 Maggio 2018
Ente di sviluppo agricolo

Chi fornisce consulenza e assistenza tecnica alle aziende agricole? Chi si occupa del trasferimento dell’innovazione in agricoltura? Con i quattrini della Ue alcuni decenni fa vennero formati divulgatori agricoli a centinaia. Ma nessuno di questi si occupa più di accompagnare le aziende agricole siciliane nell’accidentato cammino dell’innovazione e della modernizzazione. Molti dei divulgatori sono già in pensione, molti altri sono diventati dirigenti e nel frattempo non c’è stato alcun ricambio. In assenza del servizio pubblico l’agricoltore è costretto a rivolgersi al privato, cosa che non può che avvenire a pagamento. Pure i politici, che a parole si dichiarano vicini ai problemi degli agricoltori, comprendono (se mai hanno capito qualcosa di agricoltura) quale portata abbia avuto l’abbandono da parte della pubblica amministrazione di un ambito strategico come quello della consulenza aziendale in agricoltura, settore portante dell’economia dell’Isola ma colmo di ritardi e fattori limitanti.

Molte delle più importanti e sentite tematiche attuali del settore agricolo (il recupero della biodiversità, l’agricoltura biologica, l’agricoltura sociale, la vendita diretta, lo sviluppo rurale multisettoriale, ecc.), unitamente alla constatazione che l’agricoltura produce e conserva anche beni pubblici (protezione del suolo, paesaggio, assorbimento CO2, habitat naturali, prodotti agricoli nel rispetto della salute dei consumatori) obbligano a un ruolo pubblico nella divulgazione, nella consulenza, e nell’assistenza tecnica alle aziende agricole.

Sono numerosi i riferimenti della normativa comunitaria che considerando il sistema “consulenza aziendale” strategico. Perché? Perchè serve a migliorare le conoscenze dell’impresa agricola specie per il potenziamento della competitività nel sistema economico-produttivo; ma serve anche a sviluppare e potenziare l’agricoltura che produce e nello stesso tempo conserva beni pubblici (protezione del suolo, paesaggio, assorbimento CO2, habitat naturali, prodotti agricoli nel rispetto della salute dei consumatori).

In Sicilia è ancora in vigore la legge regionale 1 agosto 1977, n. 73 “Provvedimenti in materia di assistenza tecnica e di attività promozionali in agricoltura” con cui si autorizzava l’Assessorato Agricoltura (soprattutto) e l’Ente di Sviluppo Agricolo ad attuare e coordinare le iniziative e gli interventi per l’assistenza tecnica e le attività promozionali giovandosi delle proprie strutture periferiche che operano su larghe basi territoriali. La legge, seppur vecchia di 40 anni, descrive finalità perfettamente coerenti con gli indirizzi dell’Ue e del Ministero emanati negli ultimi anni.

Secondo quei sostenitori – pochi per la verità – che conoscono storia e potenzialità inespresse dell’Esa, la soppressione dell’ente (ipotesi lanciata dall’assessore Gaetano Armao che è stata semplicemente rinviata dopo il nulla di fatto registrato in occasione della legge di stabilità regionale) sarebbe un errore storico senza precedenti, che va contro il mondo agricolo, le aziende agricole, gli agricoltori e i custodi del territorio dell’Isola.

Ma perché sostengono questa tesi se da decenni all’Esa si associa l’idea di un carrozzone, capace solo di assicurare posti di sottogoverno (ai tempi della prima repubblica l’Esa era un feudo del Psi, oggi un posto in Cda da presidente può sempre servire), stipendi a funzionari demotivati e salari a trattoristi per un servizio di meccanizzazione che non serve più a nessun agricoltore? Costoro sono convinti che l’Esa, magari dopo una bella e corposa riforma del sistema degli enti strumentali della Regione, possa tornare ad erogare servizi qualificati alle aziende agricole siciliane. Basterebbe inquadrare l’Esa – e insieme a questo l’Irvo, l’istituto Zootecnico Sperimentale, il vivaio governativo Federico Paulsen, la Stazione Sperimentale di Granicoltura di Caltagirone e altro se è sfuggito qualcosa – in un contesto rinnovato e in linea con quello che si decide in Europa.

Ci sono tutta una serie di scelte già operate a livello europeo e nazionale che potrebbero fare ripensare il legislatore rispetto ad una drastica decisione. Un esempio? Nel 2013 un regolamento Ue ha istituito il Fas, acronimo di Farm Advisory System che è in pratica il sistema di informazione (o consulenza) per le aziende agricole. Pure nella programmazione dello sviluppo rurale 2014-2020, la misura sui servizi di consulenza è tra quelle che hanno particolare rilevanza ai fini del conseguimento di diverse priorità dell’Unione in materia di sviluppo rurale e ha diversi obiettivi tra cui il miglioramento della gestione sostenibile e della performance economica e ambientale delle aziende agricole e forestali e delle piccole e medie imprese che operano nelle aree rurali.

Tutte cose che potrebbe realizzare “in house” l’assessorato all’Agricoltura, viene spesso obiettato. Ma che in realtà non può più fare. Non è possibile, infatti, che uno stesso soggetto – in questo caso l’Assessorato regionale all’Agricoltura – possa al contempo svolgere le funzioni di assistenza tecnica (ora chiamata più modernamente consulenza aziendale) e di Autorità di gestione (programmazione, gestione e controllo) dei programmi comunitari. Il principio della separatezza delle funzioni, introdotto dai recenti dispositivi di legge, sottrae di fatto all’Assessorato regionale all’Agricoltura molte delle competenze previste dalla legge regionale (la già citata n.73 del 1977) che istituì i servizi di assistenza tecnica per l’agricoltura, consegnando così questa possibilità all’Ente di Sviluppo Agricolo (o a quello che potrebbe derivare da una riforma complessiva degli enti strumentali della Regione che operano in agricoltura) che ne ha svolto per anni una buona parte e che, come è noto, non ha mai svolto compiti ispettivi, di controllo e di erogazione di contributi.

Ma cosa dovrebbe essere assicurato dalla Regione agli agricoltori? Il Ministero delle Politiche Agricole e Agroalimentari ha messo nero su bianco circa gli ambiti del sistema di consulenza. Gli ambiti individuati dal Mipaf sono numerosi e, solo per citarne qualcuno basta ricordare: gli obblighi della “condizionalità” a livello di azienda risultanti dai criteri di gestione obbligatori e dalle norme per il mantenimento del terreno in buone condizioni agronomiche e ambientali; le pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente stabilite e il mantenimento della superficie; le misure a livello di azienda previste dai programmi di sviluppo rurale volte all’ammodernamento aziendale, al perseguimento della competitività, all’integrazione di filiera, compreso lo sviluppo di filiere corte, all’innovazione e all’orientamento al mercato nonché alla promozione dell’imprenditorialità; le norme di sicurezza sul lavoro e le norme di sicurezza connesse all’azienda agricola; la consulenza specifica per agricoltori che si insediano per la prima volta; la promozione delle conversioni aziendali e la diversificazione della loro attività economica; la gestione del rischio e l’introduzione di idonee misure preventive contro i disastri naturali, gli eventi catastrofici e le malattie degli animali e delle piante; le informazioni relative alla mitigazione dei cambiamenti climatici; le misure rivolte al benessere e alla biodiversità animale; i profili sanitari delle pratiche zootecniche; l’innovazione tecnologica ed informatica, l’agricoltura di precisione e il trasferimento di conoscenza dal campo della ricerca al settore primario.

Poi c’è da considerare anche quanto prevede il Pan, il Piano di azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. In questo ambito alle Regioni spetta l’onere di attuare le azioni per l’applicazione della difesa integrata. Sono le Regioni che devono provvedere ad attivare e/o potenziare servizi d’informazione e comunicazione per assicurare la diffusione e l’applicazione della difesa integrata da parte degli utilizzatori professionali di prodotti fitosanitari.

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