Tutti vogliono la testa di Corini. Con una media punti da playout, solo quattro racimolati in cinque turni, il Palermo è scivolato vertiginosamente all’ottavo posto in classifica, l’ultimo disponibile per accedere ai playoff. Mentre tutte davanti corrono, i siciliani hanno tirato bruscamente il freno a mano. Un ritaglio di stagione in chiaroscuro è concesso a tutti ma i rosanero hanno dimenticato come si riparte. La colpa è della macchina o del pilota?
Il mister di Bagnolo Mella è l’imputato perfetto. Dalla Cremonese al Como fino al Sudtirol, sono tante le panchine già saltate dopo appena 15 turni e ormai in molti si chiedono se possa proprio essere questa l’unica alternativa per uscire dal vortice. Osservando l’altra faccia della medaglia sorgono però i dubbi: cambiare guida tecnica è la giusta risposta ai problemi di questa squadra?
Pochi tiri in porta, poca fantasia e poco agonismo in campo. La scossa non è arrivata neanche cambiando più volte modulo. E’ evidente che qualche pezzo del puzzle sia saltato e la confusione regna sovrana. Tutto pesa come un fardello ormai troppo pesante sulle spalle del Genio, l’unico a remare controcorrente.
Difficile capire se il “giocattolino” si sia rotto dopo aver sottovalutato il Lecco o se fino a quel momento la fortuna avesse baciato e assistito i rosa. La determinazione sfoggiata contro il Venezia o i tirolesi non esiste più. Il compito più difficile per Corini, ad oggi, non è più vincere ma ritrovare la motivazione nei propri uomini.
Il tecnico in questi mesi ha dovuto fare i conti una rosa falcidiata dagli infortuni. Dall’inizio del ritiro sono stati veramente tanti gli stop. Troppi. Una preparazione a fiato corto, con carichi eccessivi o inadeguati, nel lungo periodo potrebbe aver compromesso quanto costruito, con discutibili ripercussioni sulla preparazione e sulla condizione atletica dei giocatori. Dopo tanto tempo, a Parma la rosa sarà al completo, compreso Ceccaroni che per sostenere il gruppo assisterà dalla tribuna.
E così si giunge, dati alla mano, alle ultime cinque partite. Il Palermo ha perso il tanto decantato primato di difesa più solida del campionato. Sterile invece la manovra offensiva, capace di andare a segno solo in tre occasioni. La sterilità si trasforma in digiuno se la lente di ingrandimento si sposta sull’incisività degli attaccanti. L’ultimo gol è di Brunori (ironia della sorte su rigore) e risale al 29 ottobre. Per ricordare l’ultima rete realizzata su azione bisogna andare a ritroso di una settimana, quando Mancuso riaccese le speranze contro lo Spezia.
Il pacchetto degli attaccanti è il vero assente in questo periodo buio. Vedere nell’arco dei 90 minuti Lucioni improvvisarsi centroavanti la dice lunga. Il capitano non è più l’uomo trascinatore dei vecchi tempi capace di spaccare le partite. La bacchetta magica si è inceppata e il fuoco negli occhi, suoi e dei compagni, si è spento.
Il testimone del bomber italo-brasiliano è rimasto orfano e nessuno è stato capace di coglierlo. Insigne e Di Francesco avrebbero dovuto donare vivacità e freschezza ma l’iniziale impatto positivo non ha avuto un seguito. Anzi, il passo indietro è stato più ampio del previsto. Ora si attende la loro rivalsa e dopo il lungo periodo in infermeria potrebbero partire dal primo minuto. Non solo l’ex Frosinone e l’ex Lecce, lo stesso processo di “imbruttimento” l’hanno vissuto un po’ tutti i neoacquisti giunti in estate.
Ci sono storie che sembrano giunte al capolinea ma nel momento più inatteso riescono a trovare la chiave di volta e invertire il destino ormai segnato. Questo sperano i tifosi, in particolar modo i circa due mila instancabili sostenitori attesi nel settore ospiti del Tardini. La febbre di Parma era già iniziata poco più di due mesi fa con la vittoria di Modena, dalla quale era partito il conto alla rovescia per il ritorno trionfante in Emilia-Romagna. L’epilogo lo conosciamo tutti: entusiasmo e risultati sono svaniti e in palio, contro i ducali, non c’è più la vetta.