“In queste condizioni, mentre ringrazio il presidente Crocetta che, solo, mi ha sostenuto nella battaglia di questi mesi, sempre anzi incoraggiandomi, considero pericoloso per la mia persona continuare a lottare. Ho paura dell’isolamento in cui sono stato lasciato da un manipolo di improbabili difensori dell’indifendibile”. Lo dice all’Ansa l’amministratore unico di Riscossione Sicilia, Antonio Fiumefreddo. “Non posso peraltro accettare che per colpire la mia persona si danneggino le 700 famiglie che lavorano a Riscossione e a cui dobbiamo i risultati raggiunti. Preferisco, da uomo delle istituzioni quale sono, farmi io da parte se questo è il dazio da pagare per salvare il lavoro fatto ed i lavoratori – aggiunge – Sono sinceramente sconvolto per la violenza subita e ringrazio quanti invece, onorando il mandato parlamentare, si sono astenuti dal partecipare al mio linciaggio. Se la mia colpa è di aver trattato i potenti come cittadini comuni, questa colpa mi ascrivo e francamente me ne onoro. La protervia di questa insopportabile casta sarà giudicata presto dai cittadini”.
Fiumefreddo parla poi dell’audizione in commissione Bilancio dell’Ars. “Sono andato per illustrare ai deputati i risultati raggiunti da Riscossione Sicilia in questi due anni, uno per tutti il passaggio dai 4 miliardi di patrimoni aggrediti nel 2014 agli oltre 10 miliardi di patrimoni invece aggrediti nel 2016, ho subito io un’aggressione violenta, inquietante ed inaccettabile – sostiene – Allorquando ho iniziato a parlare di infiltrazioni mafiose nel parlamento siciliano e ho provato a fare i nomi, mi è stata tolta la parola e si è comandato ai commessi di portarmi a forza via dall’aula. Il Presidente Vinciullo ha ordinato che venissi cacciato persino dal corridoio del Parlamento, ripetendo più volte che quella era casa sua. Altro parlamentare regionale ha reiterato la minaccia che se non la avessi finita di attaccare la politica non avrei avuto un solo euro per l’ente. Prima d’essere cacciato di peso sono stato interrotto 5 volte dal presidente della Commissione, e cioè tutte le volte in cui mi permettevo di ledere la maestà della politica”.