“Non puoi dire che ti importa e non fare nulla. Questo è il nostro modo di dire “This is fucked!”“.
Ad un mese dall’insediamento di Donald Trump, nel capoluogo di una Regione che per il numero di basi militari americane si configura sempre più come una colonia a stelle e strisce, Spazio Rivoluzione ha inaugurato, “Freedom Kick“, la videoinstallazione di Eugenio Merino, realizzata in collaborazione con il collettivo attivista americano Indecline.
Musiche tradizionali messicane di Celso Piña si intrecciano con le chitarre infuocate dei Rage Against the Machine, mentre va in scena una partita surreale: il pallone non è di cuoio, ma ha il volto arancione e spettinato di Trump. Ogni passaggio è una sfida, ogni tiro un atto di ribellione, ogni goal un urlo liberatorio contro un sistema che divide, sfrutta e calpesta. Quello che nasce come un gioco diventa rito, danza di rivolta, carnevale di dissenso. Perché, a volte, la rivoluzione inizia con un dribbling.
Il collettivo Indecline, nato nel 2001 con un’identità marcatamente anticapitalista, non teme la censura, le sanzioni, o gli arresti. Il loro obiettivo è chiaro: smascherare le menzogne del potere e ispirare azioni concrete. Le teste iperrealistiche di Trump, Putin e Bolsonaro, protagoniste di performance in Brasile, Messico e Stati Uniti, hanno acceso l’indignazione dei diretti interessati. Bolsonaro, in diretta TV, ha mostrato la sua testa mozzata, esprimendo rabbia e frustrazione. Ma se il potere trema davanti all’arte, allora l’arte ha colpito nel segno.
Il calcio, da sempre simbolo di aggregazione e comunità, viene qui usato per smascherare i giochi di potere che schiacciano i popoli. “Freedom Kick” non è solo una performance artistica, è un invito alla consapevolezza, un monito a non rimanere inerti. “Vogliamo ispirare le persone a continuare a combattere“, dichiara il portavoce di Indecline.
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La Sicilia ha nel DNA la resistenza e la lotta. Questa installazione, curata dall’artista palermitano Adalberto Abbate, ne è il riflesso. Un segnale inequivocabile che non esistono più terre di nessuno. L’imperialismo, l’odio e la disuguaglianza non possono essere accettati come ineluttabili, né normalizzati dall’inerzia politica. Ancora una volta, l’arte si fa arma, grido, contrattacco.
E mentre la società civile alza la voce, la politica regionale abbassa la testa. I governi che si sono succeduti negli anni, pur amministrando una Regione a Statuto Speciale, sembrano incapaci di far valere i diritti dell’Isola, lasciandola relegata ai margini, alla mercé delle decisioni del governo nazionale. Dalla gestione fallimentare dei rifiuti al caos delle province, fino alla sanatoria edilizia che, guarda caso, in Sicilia non vale come il resto d’Italia. A questi fallimenti si aggiunge la carenza di investimenti in cultura e istruzione, chiave per il riscatto della Regione.
Per non parlare delle riforme annunciate dai vari Premier con entusiasmo che si sgretolano sotto il peso di giochi di potere, immobilismo e compromessi che sanno più di resa che di cambiamento. A evidenziarlo un Sistema sanitario nazionale, da sempre invidiato da tutti, dove i cittadini, oggi, sono in balia di un’organizzazione disfunzionale, mentre gli interessi dei singoli al potere prevalgono sulle vite delle persone.
In un simile scenario, dove l’inerzia e il potere continuano a schiacciare le esigenze reali della gente, quale testa dovremmo metaforicamente prendere a calci in Italia per esorcizzare le problematiche che gravano sulle nostre vite?
Fatelo sapere agli artisti a piazza Rivoluzione 9, Palermo, tutti i venerdì dalle 19 in poi!