In un mondo sempre più interconnesso, i cavi sottomarini diventano strumenti di potere e influenza, delineando un nuovo campo di competizione geoeconomica che coinvolge Stati Uniti, Europa, Cina e Russia. I cavi sottomarini, cioè quella ragnatela nascosta che alimenta il 99%del traffico internet internazionale, sono alla base delle infrastrutture digitali critiche necessarie al supporto della resilienza e dello sviluppo economico di ogni Paese. Proprio grazie ai 529 sistemi via cavo e ai 1.444 punti di approdo dove questi cavi sottomarini raggiungono le coste, il mondo oggi può ancora dirsi interconnesso nonostante le divisioni geopolitiche.
A oggi Google, Meta, Amazon e Microsoft sono coinvolte in quasi ogni nuovo cavo posato e hanno solo il dominio di mercato nell’ambito delle tecnologie digitali. Il colosso di Mountain View, in particolare, è attivo in questo settore dal 2008, quando iniziò la costruzione del cavo Unity tra Usa e Giappone entrato in servizio nel 2010. Adesso però Google avrebbe riportato la propria attenzione sul Mediterraneo anzi, sulla Sicilia per costruire una rete di cavi sottomarini in fibra ottica. A rivelarlo è stato Alessio Butti sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, nel corso della ministeriale G7 su innovazione e tecnologia: “Google è molto interessata. Stiamo tenendo colloqui sulle stazioni base in Sicilia”. Non si tratta certo della prima volta che Google sceglie l’Italia come sua partner nel settore. Il colosso tecnologico, infatti, sta già collaborando con Sparkle, una società costola di Telecom Italia, per garantire il funzionamento del cavo sottomarino BlueMed che collega tra loro la stazione di approdo di Genova – considerato l’hub italiano che collega l’Africa, il Medio Oriente e l’Asia – con l’open data center Sicily hub di Palermo e l’ecosistema digitale di Milano.
“Qui mi fermo perche’ sono in corso una serie di ulteriori accertamenti” ha però aggiunto il sottosegretario, una prudenza d’obbligo considerato che la rete di cavi internet nel Mediterraneo è piuttosto ingarbugliata, ha un impatto ambientale non trascurabile ed è potenzialmente al centro dei futuri conflitti cyber. Già perché i cavi sottomarini benché siano infrastrutture essenziali per la comunicazione globale e riciclabili dopo il loro utilizzo, presentano sia in fase di installazione che durante il funzionamento diverse preoccupazioni per l’impatto ambientale che comporta fenomeni come impigliamento, torbidità, inquinamento e disturbo dell’habitat marino. Un altro problema non trascurabile è legato alle attività di pesca che in Sicilia sono numerose e fondamentali per l’economia dell’Isola. I cavi essendo posati o sepolti sotto il fondale marino, possono essere vulnerabili ai danni causati dagli attrezzi da pesca come d’altronde dimostrano i dati secondo cui il 40% dei guasti ai cavi è dovuto all’ancoraggio o alla pesca mentre solo il 4% degli incidenti è attribuito a guasti del sistema e il 5% a fenomeni naturali. Un’altra valutazione seria riguarderà l’impatto strategico dell’opera, il Mediterraneo infatti è un nodo chiave della rete di comunicazione globale e i suoi cavi sottomarini, come gli altri in tutto il mondo, sono un obiettivo vitale per i potenziali avversari. I cavi saranno dunque da proteggere dagli attacchi come tutte le infrastrutture critiche.
Al netto della necessaria prudenza sembra però che dalle parole del sottosegretario Butti emerga una ineluttabilità della scelta: “I cavi sottomarini saranno sempre più decisivi: il 16% del traffico internet riguarda il Mediterraneo. Google è ovviamente interessata, insieme ad altrihyperscaler che stanno già usando la fibra circumnavigando l’Africa e raggiungendo la penisola arabica”.