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“Ha da passà ‘a nuttata”: riflessioni per il dopo Coronavirus

lunedì 27 Aprile 2020
passà a nuttata - de filippo

È come se avessimo subito una guerra, peraltro non ancora conclusa, ma con la fiducia di un esito alla fine vittorioso.

Qualcuno, infatti, l’ha perfino paragonata alla terza guerra mondiale per il suo carattere globale, comune alle due precedenti guerre, con la differenza che non abbiamo dovuto fronteggiare un esercito di soldati, ma siamo stati invasi e attaccati da un nemico invisibile, subdolo, che colpisce a tradimento senza che te lo aspetti, che scompare e riappare.

Come in tutte le guerre si piangono le vittime tra la popolazione civile e i nostri soldati che hanno perso la vita combattendo al fronte: gli scienziati, i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari.

Come in tutte le guerre, a parte le città distrutte dai bombardamenti, il “day after” presenta gli stessi scenari: economia distrutta, fabbriche ferme, aziende chiuse, disoccupazione dilagante, momenti di smarrimento a volte di disperazione e serie preoccupazioni per il futuro.

“Ma che è successo, che è successo”, si domanda disperata Donna Amalia in Napoli Milionaria, una delle più belle commedie di Eduardo De Filippo. “A guerra Amà, le risponde Don Gennaro, tornato da un campo di prigionia e che trova la famiglia in sfacelo e la figlia più piccola in pericolo di vita.

E poi conclude con la celebre frase suggeritagli dal dottore per la salute della bambina: “Addà a passà a nuttata”.

Anche noi stiamo aspettando che passi la nottata ma, come in tutte le guerre, nel bene o nel male, niente tornerà più come prima.

Ci attendono, infatti, profondi cambiamenti nell’economia, nella vita civile e sociale e nel rapporto con la politica e le istituzioni.

Il primo dopoguerra con il suo marasma economico, il vertiginoso aumento dei prezzi, la disoccupazione dilagante, provocò gravissime tensioni sociali, accresciate dal ritorno e dal forte risentimento dei reduci abbandonati a sé stessi.

L’incapacità delle vecchie classi dirigenti liberali, (da Giolitti a Salandra, a Vittorio Emanuele Orlando), gli errori e le divisioni delle forze democratiche, Popolari e Socialisti, spianò la strada al Fascismo che gli italiani accolsero come un riparo, l’illusione di una sicurezza.  Su piano civile i cittadini furono privati di ogni libertà e dietro il paravento del protezionismo e del sovranismo si acuirono le ingiustizie e le differenze sociali.

Un’analogia con la crisi provocata dal Coronavirus si può rintracciare anche con le condizioni in cui versava il Paese alla fine della Seconda guerra mondiale.

Vi sono però delle differenze. In primo luogo, la brevità, per quanto a noi possa sembrare lunga, di questa “guerra” rispetto alle precedenti che durarono diversi anni.

In secondo luogo, la ricostruzione del paese seguiva un periodo segnato da lutti, fame e distruzioni, oggi, nonostante la durissima crisi che da qualche tempo stavamo attraversando aggravatasi con l’epidemia, il Paese dal dopo guerra in poi ha conosciuto fasi di benessere e di crescita anche se alternate a crisi cicliche.

Quello che appare diverso è lo stato d’animo che prevaleva allora tra la maggioranza della popolazione rispetto ad oggi.

Dopo la sconfitta del Fascismo, la caduta della Monarchia e l’avvento della Repubblica, vi era un nuovo spirito pubblico che si era formato nella lotta di Liberazione e, nonostante le immani distruzioni lasciate dalla guerra, le ristrettezze e difficoltà che si vivevano, vi era fiducia nelle istituzioni, speranza nel futuro e in una società migliore, valori che la Resistenza aveva forgiato nelle coscienze dei cittadini.

Allora tutti si rimboccarono le maniche, tutti erano protesi, nonostante le ferree contrapposizioni ideologiche, a ricostruire il Paese.

Siamo oggi animati dagli stessi sentimenti e dagli stessi propositi nel ricostruire il paese e riparare i danni che il Coronavirus ha provocato?

La preoccupazione è legittima, poiché si ha l’impressione che oggi, in assenza di riferimenti ideali e culturali prevalgano sfiducia, rassegnazione, lacerazioni sociali e politiche, distacco dalle istituzioni, in assenza di riferimenti ideali e culturali.

Recuperare una tensione civile e morale, superare odi e divisioni è il primo compito da assolvere per affrontare la sfida del rilancio economico e sociale.

 

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