In principio e per tanto tempo fu il teatro; poi con il guizzo dei fratelli Lumière arrivò il cinema: entrambi i mondi sono oggi facce di quella medaglia chiamata rappresentazione scenica, un caposaldo della cultura in senso universale e storico, non solo per quel che concerne la classicità. Un iperspazio la cui spinta propulsiva non è stata risparmiata, come praticamente tutto il resto, dalle scure del Covid e, adesso, dal nuovo Dpcm firmato da Giuseppe Conte.
Lorenzo Vignolo sceneggiatore e regista genovese impegnato nella realizzazionedi Up&Down, pilota di serie per Rai Fiction, ha spiegato che in questo momento la macchina creativa per il cinema è lungi dall’essere ferma: “Bisogna partire da una premessa fondamentale ovvero il fatto che durante la quarantena, nonostante il fermo alle produzioni, il cinema ha continuato ad avere una centralità significativa vista la straordinaria fruizione di film e serie tv tramite televisioni o piattaforme. Una conferma di quanto il cinema abbia una sua preponderanza significativa. Adesso come durante i giorni del lockdown gli sceneggiatori impegnati nel lavoro sono tantissimi e quindi questo conferma quanto il settore sia vitale, anche se oggi chi scrive si trova davanti a una sorta di paradosso perché tutto quello che era stato programmato a livello cronologico fa riferimento alla realtà prima della pandemia, quindi per i film contestualizzati ai tempi attuali o è tutto ambientato prima del 2020 o ci si ritrova in una specie di realtà parallela da raccontare”.
In merito alla vita da regista all’interno del set Vignolo ha spiegato che il peso della situazione attuale, tra i protocolli di sicurezza e il clima abbastanza incerto, grava soprattutto sulle altre categorie necessarie per mandare avanti la macchina cinematografica : “In questo momento ci sono cento set attivi in Italia parlando solo per cinema e serie tv e questo conferma quanto ci sia voglia di continuare a lavorare. Ovviamente però ci sono parecchie difficoltà e queste ricadono sia sui produttori che su tutto il comparto realizzativo, che va dagli attori a tutte le figure professionali che lavorano all’interno di un set. Per il regista da un punto di vista tecnico il lavoro cambia relativamente poco: la vera difficoltà se così si può definire sta nella gestione di tutta la troupe in un momento nel quale ci si deve attenere a protocolli necessari e rigidissimi che complicano un lavoro già estremamente impegnativo. Inoltre, ci si scontra con un senso di precarietà che è di complessa gestione perché basta un positivo all’interno del set o anche un’impennata generica dei contagi per far si che tutto venga bloccato con quel che ne deriva. Non è una situazione facile”
Un’immagine icastica di quello che è il momento vissuto dagli attori come tutte le figure che lavorano nel mondo del cinema è quella che viene fornita da Massimo Olcese, attore teatrale e di cinema genovese nonché comico in duo con Adolfo Margiotta nel sodalizio reso celebre dalla trasmissione “Avanzi”: “La vita dell’attore durante la pandemia è una vita tremebonda perché si ha paura di non lavorare più. Le produzioni sono nettamente calate. La vita dell’attore è una vita difficile già di suo: finisce un contratto e non sai quando ne avrai un altro e quindi già sei sotto forte stress. In una situazione generale così drammatica l’ansia cresce ulteriormente. Io adesso sono a Bassano del Grappa per la messinscena teatrale con Francesca Reggiani e Francesco Lanieri del film “Florence” con Meryl Streep e Hugh Grant. Avevamo cominciato a farlo a inizio anno, facemmo in tempo a fare la prima il 17 febbraio, poi dopo avere fatto la seconda è scoppiato il Covid, ci hanno fermato e rimandato a casa. Dal 18 febbraio a ieri, giorno in cui abbiamo ripreso ho fatto sette giorni di lavoro. La situazione generale è pesante perché, al di là dei grandi nomi che lavorano a prescindere, c’è una marea di attori che in questo momento è in stand-by. Senza dimenticare poi tutte le altre figure professionali del cinema, perché la gente pensa principalmente agli attori che conosce ma noi siamo solo la punta dell’iceberg. C’è una grande massa di elettricisti, attrezzisti, macchinisti, parrucchieri, truccatori, sarte, scenografi che in questo momento ha dei problemi. In più, parlo a titolo personale ma credo di interpretare un sentire comune, ci siamo sentiti abbandonati come categoria. Nel mio caso ho preso 600 euro a marzo e 600 euro ad aprile: da lì poi non ho ricevuto alcun aiuto e ho dovuto erodere quel poco che avevo da parte. Viviamo una grande fase di incertezza”.
Olcese è stato impegnato di recente nelle riprese della quarta stagione di Rocco Schiavone, celebre fiction Rai con Marco Giallini protagonista, raccontando com’è la vita sul set ai tempi del Covid: “All’interno del set ci sono dei protocolli da rispettare. Ovviamente quando dobbiamo girare le scene lo facciamo senza mascherina: per il resto la indossiamo sempre. Prima di varcare la soglia del set siamo controllati e veniamo sottoposti al tampone. Noi anzi abbiamo la fortuna, se così si può dire, di avere dei momenti di respiro mentre recitiamo. Tutte le altre figure invece la devono tenere sempre ed è pesante lavorare con la mascherina: penso in particolare a figure come macchinisti, elettricisti che è tutta gente che fatica parecchio fisicamente mentre svolge le sue funzioni”.
La precarietà attuale della situazione cinematografica è rintracciabile anche per quello che riguarda l’universo teatrale. Antonio Pandolfo comico e attore di cinema e teatro, spiega quali sono le difficoltà con cui si confronta il mondo del palcoscenico: “A livello pratico da un punto di vista teatrale ci sono difficoltà di tipo organizzativo e logistico. La capienza dei teatri è stata ridotta e questo ha creato difficoltà soprattutto ai teatri più piccoli che hanno poche presenze e devono fare fronte a tantissime spese correlate come quella della sanificazione. Inoltre, al di là dei decreti c’è anche del timore da parte delle persone ad avvicinarsi in questi spazi chiusi perché c’è tanta paura. Sul palco fino a quando gli spettacoli sono di pochi attori si può fare tutto in maniera agile: viceversa se ci sono tanti attori la questione cambia da un punto di vista di controlli e protocolli”.
Pandolfo ha sottolineato che le difficoltà organizzative non sono solamente quelle legate alla messinscena e che più in generale hanno implicazioni serie per tutto l’indotto: “Il momento è molto complicato sia per una questione di presenza e partecipazione di pubblico che di realizzazione per il prodotto: è difficile per le produzioni fare il casting, iniziare le riprese perché è necessario fare tutte le verifiche sanitarie. Come detto per quanto riguarda la fruizione ci sono dei cali considerevoli nonostante i proprietari delle sale e dei teatri lavorino in maniera egregia. Tutto questo messo assiem comporta che spesso i produttori ritardino le produzioni. Bisogna ricordare che dietro ogni attore di teatro o di cinema, c’è dietro il lavoro di tanti professionisti che campano le loro famiglie onestamente. Anche loro in questo momento hanno subito danni molto seri”.
A rendere ancora più complicato il quadro è l’intrecciarsi di una situazione drammatica nella sua imprevedibilità con delle storture di sistema che prescindono dall’avvento del Covid. Giovanni Robbiano, regista, sceneggiatore e fondatore di 010 Production, ha spiegato in primis in cosa si sublima cocnretamente l’impatto dei protocolli anti-contagio : “Nella produzione audiovisiva, sia essa cinematografica o televisiva, il limite che ti porta questa emergenza si traduce in fabbisogni diversi e maggiori costi. Io sono portatore di un’esperienza particolare ovvero l’essere andati a girare in Albania pur di sfuggire a certe deliberazioni e a certe regole sì dettate dall’emergenza ma anche piuttosto ‘lunari’ per usare una definizione”
Robbiano ha spiegato che questa scelta nel suo essere necessaria ha un impatto inevitabile: “Avevamo portato il cast al completo e poi ci siamo imbattuti in una delibera che consentiva il transito in Albania per un massimo di 120 ore, cinque giorni totali e questo ci ha costretto a dover girare tutto in pochi giorni. Abbiamo dovuto fare rientrare un’attrice in Italia per poi farla ritornare nuovamente in Albania e ciò ha implicato dei costi anche perché la disponibilità dei voli non è che fosse così ampia. Questo episodio è uno dei tanti che si possono citare per fare capire in che condizioni stiamo lavorando”.
Robbiano ha altresì sottolineato come questa situazione acuisca gli atavici problemi del mondo cinema: “L’emergenza ovviamente è gravissima e ha fatto strage nel settore: sento in giro di grandi problemi e di persone che hanno difficoltà a sbarcare il lunario. Nei giorni scorsi al mercato di Roma non mi ha stupito la solita recita: “Metteremo i soldi nel settore”. Alla fine, però come sempre si tratta delle sovvenzioni ai soliti noti colossi di settore per i piccoli il margine è sempre più ridotto. La mia considerazione è che il livello della produzione qualitativa non è che sia così alto anche perché in Italia raggiungere il valore massimo di un’opera e quindi fare il miglior lavoro possibile non è un fine. In Italia il prodotto audiovisivo è uno strumento di gestione del consenso confezionato ad hoc che spesso si esprime in realizzazioni scadenti: poi qualcosa di buono c’è sempre nella massa ma è più per un fatto incidentale e fisiologico, abbiamo talento ma abbiamo anche un sistema soffocante che rende difficile creare come succede altrove”.
La situazione di difficoltà estrema che è stata ampiamente menzionata negli interventi di questo articolo e a maggior ragione dopo gli ultimi sviluppi normativi per Robbiano in termini di produzione è considerata non superabile: “Al momento per quelle che sono le regole in Italia girare è praticamente impossibile. Le produzioni sono ferme e i produttori sono in attesa di capire cosa succederà mentre il governo si applica nell’emanazione di decreti notturni in cui si decide che qualcosa va fermato e qualcos’altro no in base a criteri di difficile comprensione. si naviga a vista verso le secche…”
Se domani cinema e teatro saranno uno degli strumenti per l’elaborazione del trauma collettivo, oggi sono un altro dei segmenti economici (ma anche culturali) sottoposti all’incalcolabile pressione implicata dal Covid e dalle conseguenti misure di contenimento del contagio. Quanto scritto sopra è l’ennesima, forse superflua ma comunque consistente, conferma che sia quanto mai necessario prendere adesso delle decisioni politiche che rendano il rapporto tra tutela sanitaria e salvaguardia economica se non totalmente in equilibrio quantomeno in un disavanzo che sia ragionevole.