Anche quest’anno l’anniversario del sacrificio di Peppino Impastato vede un susseguirsi di iniziative, di convegni e presentazione di libri che ricordano la sua vita, il suo impegno contro la mafia e l’incessante battaglia promossa dalla mamma Felicia, da fratello Giovanni e dal Centro a lui intitolato per ristabilire alla verità e punire i responsabili di quel feroce assassinio. A conferma che il suo ricordo non si è mai affievolito ed è sempre presente nell’animo dei siciliani che trovano nel suo ricordo nuovi stimoli per continuare la sua battaglia. A tal fine anche noi abbiamo voluto dare un contributo attraverso un libro che è in corso di pubblicazione ad iniziativa dell’editore Ottavio Navarra.
Insieme al ricordo della figura di Peppino e del suo impegno politico il libro presenta una peculiarità che fino ad ora non è stata mai analizzata e approfondita e che segnò molto quella storia: i rapporti tra il partito Comunista e Impastato caratterizzati spesso da aspre polemiche e dure contrapposizioni, ma soprattutto spiega il grande “abbaglio” del PCI (che è il titolo del libro) di non denunciare subito e apertamente che l’assassinio di Impastato fosse un chiaro delitto di mafia. Un aspetto non secondario di questa drammatica vicenda.
Il libro descrive il travaglio interno che caratterizzò il gruppo dirigente del PCI, i motivi che portarono per un certo periodo ad una posizione di ambiguità fino al suo graduale ripensamento, l’abbandono di ogni atteggiamento di prudenza e il netto riconoscimento di delitto di mafia. Un contributo in tal senso venne da Luigi Colayanni, Pio La Torre ed Emanuele Macaluso. A questa “svolta” seguì un impegno per ristabilire la verità e ricucire lo strappo provocato nel movimento antimafia.
Il libro si sofferma sulle conseguenze che l’iniziale posizione comportò nel ritardo della comprensione dei cambiamenti e dei nuovi interessi di Cosa Nostra e del contesto di guerra di mafia in cui si muoveva l’azione di Peppino Impastato che vedeva l’ascesa dei corleonesi di Totò Riina al comando di Cosa Nostra.
A tal proposito il libro mette in luce il ruolo che assunsero i capi dell’Arma dei carabinieri che fino all’ultimo considerarono Impastato un terrorista vittima dell’attentato che stava preparando fino alla ridicola tesi del suicidio, rifiutandosi pervicacemente di seguire la pista del delitto mafioso. Vengono, infine, analizzate le varie ipotesi che portarono i carabinieri ad operare uno dei più gravi e grandi depistaggi della storia e le importanti iniziative che Impastato stava portando avanti per scoprire legami e connivenza tra deviati appartai dello Stato la mafia. Infine, insieme al depistaggio si cerca di capire i motivi veri che portarono alla sua uccisione e i misteri che si volevano coprire con la sua eliminazione.