Come dice la canzone di De Gregori, “non c’è niente da capire”. Continuano ad essere lapidarie le parole di Teresa Piccione, donna del Pd che, mesi fa, ha presentato ricorso nei confronti dell’elezione del segretario regionale del Partito democratico, Davide Faraone.
La polemica che ha accompagnato la corsa alla segreteria del Partito democratico siciliano, con le primarie annullate a 48 ore dall’apertura dei gazebo, senza congressi nei circoli, era arrivata dritta e veloce a Roma. E si è trasformata in caso nazionale. Il renzianissimo Davide Faraone è ad oggi, il segretario regionale. Lo aveva deciso tempo fa, un voto espresso a maggioranza risicata (quattro contro tre) della commissione regionale di garanzia.
La sua avversaria politica, Teresa Piccione, franceschiniana di AreaDem e vicina al presidente della Regione Lazio e segretario nazionale del Pd, Nicola Zingaretti, ha rinunciato alla corsa, accusando i renziani di violare le regole e annunciando ricorso al Tar. Sull’Isola è andata così in scena, in modo plastico, l’ennesima resa dei conti tra correnti. E già si sente l’aria di scissione.
La base del Pd e non solo, aspetta una bella scossa di terremoto – politicamente parlando – qui in Sicilia. E uno dei primi accadimenti potrebbe proprio ricadere sulla testa del renziano Davide Faraone. Al Nazareno la decisione sul ricorso anti-Faraone sembrava doveva essere già presa ma per motivi logistici della commissione nazione di garanzia il tutto è stato posticipato al 13 di luglio.
La novità è che martedì scorso a Roma, c’è stato un confronto tra Faraone e la Piccione. Il senatore avrebbe chiesto di rimanere nella sua poltrona in Sicilia ed inizierebbe ad adottare una linea ‘collegiale’. “Rifiuto l’offerta e vado avanti” Come nel gioco televisivo, è stata la risposta da parte della Piccione.
“Faraone si è autoproclamato” Racconta al ilSicilia.it la stessa Teresa Piccione. “A questo si aggiunge un nodo politico che il partito in Sicilia non sta in buona salute. Siamo senza consiglieri a Caltanissetta, siamo andati senza simbolo in tutte le amministrative a parte a Castelvetrano, abbiamo commissariato Enna da 4 anni e Siracusa è senza segretario provinciale. L’unica soluzione è il dialogo ed i congressi”. Per la Piccione è necessaria una nuova classe dirigente, un programma ed una vera linea politica sull’Isola, ad oggi, tutte questioni poco chiare.
Della stessa idea e il capogruppo dell’Ars del Pd, Giuseppe Lupo, che afferma a ilSicilia.it: “In Sicilia serva una nuova fase costituente per definire i responsabili del partito, celebrando congressi ed idee condivise”.
Un casus belli che ha come sfondo le linee politiche nazionali del partito. E se i renziani, Lotti e Guerini, proprio giorni fa, hanno partecipato ad un evento organizzato a Montecatini, da Base Riformista, neonata corrente interna al Pd, sabato prossimo, molto probabilmente, Nicola Zingaretti chiamerà a raccolta i suoi sostenitori del partito.
Uno dei nodi cruciali che magari il leader nazionale dovrebbe snocciolare attraverso un suo intervento, potrebbe essere proprio la vicenda del segretario siciliano.
Ma Davide Faraone è poco preoccupato a riguardo: “Non me ne occupo della vicenda. Lavoro e basta. Mi preoccupano solo le minacce che sto ricevendo da quando sono salito sulla Sea watch”. Racconta, mentre la base e i dirigenti Dem aspettano da Roma di “rottamare” un segretario rimasto sempre più solo, con un partito che in Sicilia, negli ultimi mesi, non ha praticamente espresso alcuna linea politica e presenza sui territori. Un partito da rifondare.