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Lo stereotipo della coppola

Il Ponte sullo Stretto che crolla in un film: uno schiaffo e un’offesa ai siciliani

domenica 11 Dicembre 2022

Nelle stesse ore in cui l’Unione Europea ribadisce il sì alla realizzazione del Ponte dello Stretto, il governo Meloni muove i primi passi decisivi, il ministro Salvini inizia a indicare le prime date, ecco che i vecchi stereotipi tornano a galla (in senso letterale) marchiando Sicilia come terra di mafia, senza alcuna speranza di redenzione.

Già perché il Ponte sullo Stretto, non è ancora costruito, ma possiamo vederlo crollare in una serie tv e per di più non a causa di una tragedia imprevedibile (la fine del mondo, l’invasione degli alieni, un bombardamento), ma perché i siciliani, brutti, sporchi, cattivi e irrimediabilmente collusi, lo hanno fatto costruire da imprese in odore di mafia.

Incredibile ma vero. Nel 2022. Intendiamoci, The bad guy, serie tv Amazon di tutto rispetto, le cui prime puntate sono andate in onda l’8 dicembre, è un dark crime, ambientato in un futuro non troppo lontano e che non si basa su fatti reali. Il protagonista, il magistrato siciliano Nino Scotellaro che lotta contro la mafia e finisce invece per essere condannato ingiustamente per concorso in associazione mafiosa, risulta tra le vittime, udite udite, del crollo del Ponte. Non spoileriamo ma le regole basilari della cinematografia vogliono che il protagonista non possa morire subito quindi ci saranno altri colpi di scena.

Nella puntata si vedono chiaramente le immagini del Ponte di Messina  che crolla mentre in quel momento il magistrato (interpretato da Luigi Lo Cascio) sta per essere trasferito da un carcere ad un altro. Cordoglio dell’Italia intera, con tanto di tg nazionali, per la morte del magistrato e di centinaia di altre vittime, mentre le indagini s’indirizzano subito (toh, chi l’avrebbe mai detto), ad appalti vinti da imprese mafiose e quindi ad un’opera realizzata male. I siciliani, brutti sporchi cattivi e collusi incapaci di redenzione lo hanno fatto costruire dalla mafia. Quindi è crollato.

Gli ingredienti del festival degli stereotipi ci sono tutti: il magistrato siciliano che combatte contro la mafia ma è isolato dai veri cattivi, così si trasforma in finto cattivo “the bad guy” per vincere, si presume nella puntata finale. Frattanto c’è un Ponte, guarda caso in Sicilia, costruito con i soldi della mafia da imprese mafiose e che pertanto crolla.

Sappiamo bene che è un film, che è tutta immaginazione, ma andare a pescare tra i peggiori pregiudizi per di più mentre il Ponte “rischia” davvero di diventare opera reale, è uno schiaffo ai siciliani.

The bad guy non poteva essere fatto morire per finta in un altro luogo? No, perché in ossequio alla maledizione del Padrino e della coppola, è opinione comune che questo Ponte se sarà costruito, visto che in terra sicula, dovrà essere realizzato con i soldi della mafia. E’ il prototipo dell’immaginario collettivo che si tramanda di generazione in generazione. E noi fessi che parliamo di continuità territoriale, di corridoio Berlino-Palermo, di via della Seta. Mentre fiumi di miliardi bypassano la Sicilia noi restiamo ancorati a quell’immagine. A quell’etichetta che vuole il siciliano incapace di riscatto.

La si potrebbe definire una scena di fantasia, ma non mi pare che ci sia stato poi uno sforzo di creatività per sollevarsi dagli stereotipi. La fantasia è una forza creatrice positiva, che alimenta l’agire umano, fa sognare e spinge a realizzare i propri sogni.

Ora, al di là dei fautori dell’opera e dei contrari e dei benaltristi, è chiaro che il messaggio di chi non vuole il Ponte (per svariati motivi anche meno nobili della difesa della natura), userà lo spauracchio delle infiltrazioni mafiose. Ma qui c’è addirittura la certezza, un Ponte che crolla perché realizzato dalla mafia.

Ecco questo è un messaggio che non solo offende la mia terra ed i miei fratelli e sorelle siciliani (compresi quelli che non lo vogliono), ma spaventa.

Perché chissà quante volte nei prossimi mesi quest’immagine di “fantasia” verrà agitata per farla diventare una realtà da non rendere concreta e farci restare, questo sì, zitti e buoni, nei recinti degli stereotipi secolari.

Questo siete e questo dovete restare.

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