Si tratta in fondo della solita storia e di un sistema farraginoso, così almeno viene definito dalla Flc Cgil Sicilia, quello della scuola siciliana.
“Proprio i ritardi nei concorsi Pnrr e delle relative graduatorie – affermano Adriano Rizza e Fabio Cirino, rispettivamente segretario generale e regionale della Flc Cgil Sicilia – ha causato lo slittamento del termine ultimo utile per le operazioni di immissioni al 31 dicembre 2024 anziché del canonico 31 agosto”, per ciò che riguarda le procedure delle immissioni in ruolo dei docenti. Solo qualche giorno fa si è dato il via alla procedura concorsuale.
Ma non solo. La mancanza di posti, le difficoltà nel restare nella propria regione e le scuole che diminuiscono sempre di più, sono le grandi problematiche che la nostra Isola deve affrontare.
“In Sicilia ci sono pochi posti, circa 1.000, e tanti candidati, circa 40.000, per un concorso che non risolve nessun problema del precariato e del fabbisogno di docenti in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Nel resto del Paese i posti messi a bando sono 40.000“. Lo aveva detto Adriano Rizza, segretario della Flc Cgil Sicilia, in merito alle prove di concorso ordinario avviate lo scorso marzo. Le prime due giornate, 11 e 12 marzo, erano riservate ai docenti della scuola dell’infanzia e primaria, mentre dal 13 al 19 erano state coinvolte tutte le classi di concorso delle scuole di I e II grado. “È evidente che la difficoltà a rientrare a casa, ha spinto la stragrande maggioranza degli aspiranti docenti siciliani a partecipare per i posti messi a concorso nella propria regione e non nelle regioni del Centro Nord dove ci sono più possibilità”.
Il divario tra posti disponibili e le richieste è sempre più alto. “La differenza tra contingente autorizzato (45.124) e posti vacanti disponibili (62.393) è dovuta alla scelta del ministro Valditara di attivare e autorizzare un secondo concorso Pnrr nel prossimo autunno, ancor prima di aspettare l’esito delle immissioni in ruolo di quest’anno”.
E le scuole? Bastano per alunni e personale?
Una situazione in questo momento che possiamo definire particolarmente critica, in virtù della partita del dimensionamento scolastico, che riguarda proprio la norma inserita nella legge di bilancio che ha previsto la riduzione del 10% delle scuole in tutta Italia, in Sicilia significa oltre 102 scuole in meno, passate da 93 a 75, in particolare a Palermo da 19 a 17.
“Una cosa del genere implica il problema non soltanto della presenza del presidio istituzionale della scuola in aree interne e in zone critiche ma anche la riduzione inevitabile dei posti di lavoro. Tutti elementi che non aiutano la nostra regione, rispetto al sistema di istruzione che purtroppo sta sempre peggiorando”.
Pare che si tratti di una partita ancora aperta. Qualche mese proprio il sindacato si lamentava dell’operazione fatta dal governo, “consentendo alle Regioni di derogare fino al 2,5 per cento rispetto al numero delle scuole da tagliare”.
La Flc Cgil ha ribadito la sua disapprovazione per tutta l’operazione al tavolo regionale, “in Sicilia il tutto si tradurrà in 18 autonomie “salvate” solo per l’anno scolastico 2024/2025, 15 istituti superiori e 3 Istituti comprensivi”.
In totale, in Sicilia i tagli di autonomia annunciati per l’anno venturo saranno 75 e non più 93, ma saranno 23 però l’anno successivo.
Nel dettaglio la provincia di Palermo perderà 17 autonomie (e non le 19 annunciate), Trapani 8, Ragusa 6, Caltanissetta 5, Agrigento 7, Catania 14, Enna 3, Siracusa 8 e Messina 7.
“Ma ciò vale solo per un anno, il 2024/2025, e senza che su queste scuole possano verificarsi trasferimenti o assunzioni di dirigenti o di direttori dei servizi, perché verranno date a reggenza con possibilità di esonero o semiesonero per il ‘docente vicario’”. Un provvedimento che era stato solo temporaneo. Tutto ciò, aggiungono i due segretari, non servirà certamente a “indorare la pillola”.
Ma il problema è uno ed è risaputo, la contraddizione tra, come abbiamo visto, i pochi posti disponibili del territorio siciliano e la mancata reperibilità di insegnanti in Italia.
Qual è la situazione? Il 57,7% degli insegnanti di scuola primaria e pre-primaria è di difficile reperimento. Un dato ufficiale, a dirlo è il Bollettino del Sistema informativo Excelsior di agosto, realizzato da Unioncamere e ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
Si tratta evidentemente di un lavoro sempre “meno attrattivo”, come hanno sottolineato dalla rete nazionale di associazioni per la tutela dei diritti di bambini e ragazzi Alleanza per l’infanzia, che il 31 maggio scorso ha inviato un appello al Parlamento italiano e a quello europeo per chiedere proprio l’impegno per garantire “presenza di personale educativo in numero adeguato e che goda del giusto riconoscimento professionale ed economico”.
Si tratta infatti di personale che “deve essere in possesso di titolo di studio di livello universitario e, con la recente Legge 55 dell’8 maggio 2024, deve essere anche iscritto all’Ordine delle professioni pedagogiche ed educative”, hanno puntualizzato dall’Alleanza per l’infanzia.
Per questo “accrescere l’attrattiva dei percorsi formativi e del lavoro di coloro che operano nei servizi 0-6 appare dunque un orizzonte non più rinviabile, che meriterebbe una riflessione anche riguardo all’opportunità di un titolo di studio unico per chi opera nella continuità dei nidi e delle scuole dell’infanzia che costituiscono il Sistema integrato”.
Allo stesso modo, hanno proseguito dall’alleanza, “andrebbe posto ordine e omogeneità, a parità di lavoro svolto, nella giungla di differenze di salario di salario, di orario di lavoro, di ferie e permessi nonché di stabilità e continuità del rapporto di lavoro in un mondo professionale dove esistono circa 16 tipologie di contratti diversi, con troppe differenze nella regolazione dei rapporti di lavoro tra pubblico (contrattazione nazionale e aziendale) e privato (scarsa presenza contrattazione integrativa)”.
Inoltre, la carenza di personale docente e educativo è destinata ad aggravarsi in previsione dell’apertura delle nuove scuole finanziate dal Pnrr: “Il fabbisogno di personale per i nuovi posti creati è stimabile in circa 18mila lavoratori – hanno spiegato dall’Alleanza per l’infanzia – Intervenire sulle differenze contrattuali e salariali a seconda del gestore del servizio, accrescere le opportunità di progressione di carriera, il riconoscimento professionale e sociale del ruolo educativo nella prima infanzia, potrà contribuire a creare attrattività nel lavoro professionale dei servizi educativi 0-6″.
Cosa fare per tappare gli innumerevoli buchi della scuola siciliana? Ma soprattutto quale sarà la situazione a settembre con l’inizio del nuovo anno scolastico?