Non ha superato i suoi dubbi sulla consistenza dei voti che la sua candidatura avrebbe potuto ricevere, Rosario Crocetta, ma le scelte sono compiute anche se comportano amarezza. E dunque, via libera a Micari. “Nonostante – afferma – i sondaggi mi dessero al 22 / 24 per cento”.
Racconta un’amarezza tutta palermitana il presidente della Regione, che nel pomeriggio ha convocato i giornalisti a Palazzo d’Orleans per comunicare le proprie scelte: “Sono riuscito a conquistare molta gente – afferma – ma mi sono scontrato con un muro di gomma, attorno a una parte delle istituzioni palermitane che pensano di essere la Sicilia. Guardato spesso come un provinciale. L’unico che ha avviato un progetto civico si chiama Rosario Crocetta. Non basta essere palermitani per rappresentare tutta la Sicilia. Come mai non c’ mai stato un presidente della Regione palermitano?”
Mette nel mirino uno dei suoi bersagli storici preferiti: “Orlando che fa il sindaco in eterno, ma quando esce fuori da Palermo ha qualche difficoltà. Per cinque anni ho avuto a che fare non con degli alleati, ma con dei candidati.
Tra le considerazioni del passato e la misura del presente, Crocetta alterna la soddisfazione delle cose che ritiene siano state fatte e gli ostacoli che si sarebbe trovato davanti. Il governatore siciliano aggiunge: “Al primo rimpasto volevo andare a casa, ci ho ripensato in ben due occasioni. Per me oggi è un giorno di liberazione personale. Sono stati cinque anni di violenza a me stesso.
Attraverso il passato, ripercorrendo la prima fase, laica, che è costata la maggiore instabilità, rimpiange quello che non ha potuto fare e analizza quanti siano costati i passaggi della politica: “Le nomine della politica devono essere sempre caratterizzate da onestà e professionalità. Non c’è mai stata un’elezione in cui io abbia usato la macchina della Regione per motivi di clientela. Non c’è un dirigente che lo possa dire. Su Riscossione cosa si poteva fare con Sicilia-e Servizi?. Ci siamo trovati in ogni caso con situazioni al limite rispetto a quelle che abbiamo trovato i precedenza.
Distingue Crocetta quadro istituzionale, governo e quadro politico:”C’era poco da fare in molti di questi casi. I derivati al tempo di Cuffaro non sono mai stati contestati e lo diventano due anni dopo. Tanto vale estinguere i fondi di garanzia se devono incidere tanto e chiudere la partita in questi casi. Gli unici criminali in questi anni siamo stati io e la Monterosso”.
Insomma, Crocetta ritiene in sostanza di avere trovato sulla sua strada una lunga scia di pregiudizi che non lo avrebbero aiutato: “Io sono sufficientemente forte per impedire che altri vincano, ma non sono sufficientemente forte per vincere da solo. Io la dovrei fare pagare candidandomi a chi ha denigrato la mia azione di governo. Non è che prima di me ci fosse solo l’età dell’oro. C’è un costo che si paga nei cambiamenti e nelle rivoluzioni. Chi governerà domani taglierà i nastri delle opere pubbliche che abbiamo avviato”.
E poi una confessione: “Per tre volte ho pensato di dimettermi in questi anni. La prima volta quattro anni fa, dopo il primo rimpasto. Avevo pensato di lasciare e di ricandidarmi da solo”.
Vanta risultati sulla ristrutturazione del debito della Regione, sull’aumento della raccolta differenziata, e su quello che definisce un diverso modello di gestione della cosa pubblica.
Non condivido, è vero, la legge Delrio, ma abbiamo trasformato la questione in un fatto che riguardava Bianco, Orlando, Accorinti, ma non era meglio la nostra legge iniziale. Il tema deve essere sempre alimentare i ceti politici.
Sul versante politico tiene invece a precisare: “Siamo una parte importante del Partito Democratico che mette insieme espressioni diverse e gente di altra estrazione, sicilianisti convinti e anche gente di destra. Ne facciamo un problema di riconoscimento politico, senza di questo l’accordo salta. Renzi ha riconosciuto il nostro ruolo come una costola importante. Adesso dovrà tradursi in modo chiaro e visibile. Nessuno pensi di creare ostacoli”.
Per Crocetta si dovrà vincere: “tra i lavoratori e la gente comune che bisognerà portare a votare. Chi sarà in grado di intercettare tutto questo vincerà. Occorre concentrarsi sulla narrazione individuale dei problemi della gente. Dentro la riforma dela buona scuola non c’è nessuna umanità. Ho incontrato una donna che dovrà lasciare il marito malato di Sla per andare al nord”
Poi torna sulla politica pura: “Sarò capolista del Megafono a Palermo e Catania. Non mi sono ritirato per niente, abbiamo rilanciato una battaglia politica per un modo diverso di concepirla. Uno come me non fa il saltafosso offrendosi al migliore offerente. Rimango dentro la mia storia, con il Movimento mio. Vorrei passare alla storia come colui che l’ha fatta vincere la sinistra, non come colui che l’ha fatta perdere. L’amore, mi rendo conto, è un gesto unilaterale”.
Buona fortuna.
Foto di Umberto Santoro e Italpress