Sarà una sfilata di personaggi illustri il processo al chirurgo plastico Matteo Tutino (difeso dall’avvocato Carlo Taormina), imputato per concorso in truffa aggravata e abuso d’ufficio davanti alla terza sezione del Tribunale di Palermo. Il processo si è aperto ieri con la costituzione di parte civile dell’assessorato regionale alla Salute e con la presentazione delle liste testi. Tra quelli che sono stati citati da Taormina, ci sono il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, la presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi e il governatore Rosario Crocetta. In tutto 154 testimoni che si sommano a quelli che saranno citati dalle difese degli altri imputati per un totale di circa duecento testi. Ma non saranno sentiti tutti: solo quattro per ogni episodio contestato a ogni imputato. Saranno comunque un numero notevole, sopratutto quelli per Tutino.
Secondo i carabinieri del Nas e il pm Luca Battinieri, Tutino avrebbe eseguito interventi estetici nella struttura pubblica Villa Sofia, spacciandoli per “funzionali” e quindi mettendoli a carico del Servizio sanitario Nazionale.
“Ho salvaguardato la vita delle persone“, ha detto Tutino in udienza preliminare, definendosi vittima della vicenda giudiziaria. Oltre ai dati emersi dalle analisi documentali, contro il chirurgo ci sono anche le testimonianze di alcuni colleghi che, per essersi opposti alla sua gestione disinvolta del reparto, avrebbero subito vessazioni e denunce (poi archiviate) come Francesco Mazzola e Dario Sajeva. A giudizio – a vario titolo per truffa, abuso d’ufficio e tentato abuso d’ufficio – ci sono anche l’ex manager dell’ospedale palermitano, Giacomo Sampieri; Damiano Mazzarese, dirigente del dipartimento di Anestesia e rianimazione dell’azienda ospedaliera; Giuseppe Scaletta, ispettore della Digos, e la moglie genetista, Mirta Baiamonte.
L’inchiesta, oltre a mettere in luce i lauti guadagni incassati da Tutino che, per ogni intervento eseguito indebitamente nella struttura pubblica prendeva tra i 2.000 e i 3.500 euro, traccia un ritratto del protagonista della vicenda: “un uomo – scrisse il gip che ne dispose l’arresto – in grado di piegare ai propri fini anche personaggi gerarchicamente a lui sovraordinati”. L’ex chirurgo plastico, inoltre, avrebbe mentito nella domanda per diventare primario, dichiarando di non avere precedenti penali. Nel suo casellario giudiziale c’era invece una sentenza di condanna definitiva per omicidio colposo. Nell’indagine sono finiti anche gli accertamenti sulla cosiddetta “banca dei tessuti” a Villa Sofia. Secondo gli inquirenti, Tutino, avrebbe scelto l‘Ivf Mediterranean centre della biologa Mirta Baiamonte come partner per l’istituzione della banca dei tessuti nonostante fosse necessaria una gara pubblica. Scaletta, marito della biologa, si sarebbe dato da fare perché l’affare andasse in porto al più presto.
Si erano già costituiti parte civile, in udienza preliminare – l’azienda Villa Sofia, l’ordine dei medici, e i dottori Sajeva e Mazzola. Parte civile anche Emilio Italiano, parte lesa soprattutto nella vicenda della banca del seme. Sono assistiti dagli avvocati Mauro Torti, Corrado Nicolaci, Michela Dolce e Giuseppe Gerbino.
(LS)