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Perché un non credente decide di fare un cammino intitolato a un Santo? A raccontarlo è Alessandro Rais che, in questi giorni, insieme ad altri viaggiatori, ha condiviso una parte del Cammino di San Bernardo da Corleone.
Rais, 59 anni non si riconosce in nessuna confessione religiosa. “Nn sono un ateo, preferisco definirmi agnostico”, dice. Il suo primo contatto con il Cammino di San Bernardo, avviene qualche anno fa, in occasione di alcune tappe test organizzate in preparazione di un’esperienza futura più strutturata. “Da bambino, io e la mia famiglia villeggiavamo a Ficuzza. Quando mi proposero di iniziare questo percorso che partiva da Corleone, pensavo che avrei ritrovato territori che avevo già visto. Al contrario, rimasi sorpreso nel vedere percorsi nuovi e bellissimi”.
A distanza di qualche tempo, quella esperienza così particolare si è riproposta offrendo molti spunti di riflessione. Per Rais, il cammino è un occasione di incontro con tanti elementi. L’immersione nella natura per un periodo prolungato e con un forte dispendio di energie sia fisiche che mentali, comporta a una sorta di “felice spaesamento”. Una serie di suggestioni che coinvolgono il credente e il non credente all’interno di una spiritualità che di per sé non è un fatto confessionale.
Chiunque condivida il cammino, riconosce e apprezza le potenzialità offerte da questi incontri umani, culturali, naturalistici. “Stiamo visitando territori straordinari che non conoscevo. Scoprire questi centri storici ricchi di tradizioni e molto spesso esclusi dagli itinerari turistici più gettonati, è un’esperienza unica“. Il fatto che il cammino sia ispirato al percorso religioso di un santo, non toglie nulla a chi decide di intraprendere questa avventura mosso da ragioni di arricchimento personale. Del resto, anche il “padre” di tutti i cammini, il Cammino di Santiago di Compostela, è attraversato da viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo indipendentemente dalla presenza o meno di un credo religioso. Allo stesso tempo, è vero anche il contrario. Cammini come la Magna Via Francigena in Sicilia o in generale le Vie Francigene in Italia, pur non essendo strettamente legati a un preciso evento spirituale, coinvolgono fedeli e non fedeli. Del resto, la cultura europea è fortemente caratterizzata dalla storia della Chiesa e così, la sosta in un luogo di culto, durante un cammino, è motivo di interesse spirituale, artistico, letterario.
Il filo rosso che tiene legati due mondi così distanti è la condivisione senza pregiudizio. Il cammino è dunque una lezione sul campo di civiltà e di rispetto reciproco. Se lo si considera come un’opportunità per scoprire un territorio ricco di stimoli, adottando un approccio sereno, ciò che ne consegue è l’arricchimento personale ma non solo.
“Mi è capitato – dice Rais – di fare dei cammini in solitaria. Una scelta bellissima, un confronto continuo e costante con la natura in cui misurare la propria resistenza alla fatica, la reattività alle difficoltà. Tuttavia, quella di questi giorni è un’esperienza altrettanto bella. Un’ occasione di condivisione con persone che non conoscevo prima e delle quali scopro aspetti estremamente interessanti. Il viaggiatore che sento più vicino? Frate Michele, il frate cappuccino che ci accompagna lungo tutto il percorso“. Ad unire il frate e l’agnostico, la serenità nell’approccio con le differenze. Nessun pregiudizio, nessun preconcetto, nessun atteggiamento di superiorità. Mentre si è in viaggio, le appartenenze non contano: conta il percorso. Se poi questo itinerario si svolge in mezzo alla natura, con semplicità, anche l’incontro con l’altro, con il diverso avviene in maniera più naturale, senza filtri.
In questi giorni, i pellegrini del Cammino di San Bernardo hanno attraversato diversi comuni siciliani. Dopo Sciacca, Caltabellotta, Burgio, Bivona, Palazzo Adriano e Chiusa Sclafani, oggi è stata la volta di Giuliana, Bisacquino e Campofiorito.
A proposito di Palazzo Adriano, Rais che è anche un amante del cinema dice: “E’ stata una scoperta. Lo conoscevo attraverso le immagini, le letture e il cinema ma, non c’ero mai stato. Uno degli obiettivi del Cammino è valorizzare il territorio con una promozione turistica esperienziale e non usa e getta. Siamo arrivati a Palazzo lentamente, ammirandolo da lontano a poco a poco. Un po’ come in un film ne abbiamo apprezzato la morfologia, le proporzioni urbanistiche molto ben conservate e custodite. Abbiamo avuto il contatto con la “piazza”, attraversandola da esseri umani e non da semplici turisti”
Un ruolo importante, in questo percorso lo hanno poi svolto le guide naturalistiche locali. “Voglio ringraziare – dice Pietro Di Miceli – Enzo Mulè, maestro elementare in pensione che ci ha fatto scoprire una famosa fonderia di campane e Paolo Vetrano che ci ha accompagnato raccontandoci la bellezza di queste montagne e delle contrade di un territorio straordinario ma ancora troppo poco conosciuto”.