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Un paese che invecchia inesorabilmente

Istat, culle sempre più vuote: calo delle nascite in Italia del 2,6% nel 2024, in Sicilia crollano al 5,3%

mercoledì 22 Ottobre 2025
Un Paese che invecchia, in cui le nascite continuano inesorabilmente a diminuire, si diventa madri sempre più tardi e dove si tocca il minimo storico di figli per donna. E’ la fotografia che arriva dagli ultimi dati dell’Istat che, in base alle stime della Ragioneria Generale dello Stato, prevede un aumento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia a 68 anni e 11 mesi nel 2050 (dai 67 anni attuali) e a 70 anni nel 2067.
Nei prossimi decenni la quota di over 65 aumenterà, fino a superare 1/3 della popolazione nel 2050 (quando saranno pari al 34,6%).
E in Italia si fanno sempre meno figli. Dal report sulla natalità emerge che nel 2024 le nascite sono scese sotto quota 370mila (esattamente 369.944) in calo del 2,6% sull’anno precedente. Una tendenza che sembra proseguire anche nei primi mesi del 2025.

I dati Istat

 

Nascite in calo e fecondità ai minimi storici in Italia.
In caduta il numero medio di figli per donna che raggiunge il minimo storico: nel 2024 si attesta a 1,18 (in flessione sul 2023 quando segnava 1,20) e la stima provvisoria dei primi sette mesi del 2025 evidenzia un ulteriore diminuzione a 1,13. Le donne, inoltre, diventano madri sempre più tardi. Nel 2024 l’età media al parto raggiunge i 32,6 anni in lieve rialzo sull’anno precedente (32,5), ma in crescita di quasi tre anni rispetto al 1995.
Limitando l’analisi ai soli primogeniti le donne diventano madri in media per la prima volta a quasi 32 anni (31,9) a fronte dei 31,7 nel 2023 e di 28,1 anni nel 1995. L’aumento dell’età media al parto si osserva sia tra le straniere sia tra le italiane.
L’età continua a essere più alta nel Centro e nel Nord (33 e 32,7 anni) rispetto al Mezzogiorno (32,3). Lazio, Basilicata e Sardegna sono le regioni cui spetta il primato della posticipazione (33,2 anni in tutte e tre le regioni).
Ed è sempre più diffusa tra i giovani la tendenza ad avere figli fuori dal matrimonio. Pur a fronte di una riduzione assoluta, l’incidenza dei nati da coppie non coniugate continua comunque a crescere: 43,2% nel 2024 (+0,8 punti percentuali sul 2023 e +23,5 punti percentuali sul 2008).
La quota più elevata si osserva nel Centro (49,6%), seguito dal Nord (42,8%). Tra le regioni spiccano l’Umbria e il Lazio dove più della metà dei bimbi nasce fuori dal matrimonio. Resta sostanzialmente stazionario, invece, il numero dei nati da genitori in cui almeno uno dei partner è straniero. Queste nascite, che costituiscono il 21,8% del totale, sono passate da 80.942 nel 2023 a 80.761. Dal 2012, ultimo anno in cui si è osservato un aumento sull’anno precedente, il calo è di oltre 27mila unità.

Focus Sicilia: le nascite calano del 5,3%

 

La Sicilia si inserisce in questo contesto con dati che mettono in evidenza un’accentuazione della tendenza nazionale. Nel 2024 l’Isola registra un crollo delle nascite pari al -5,3 %, una battuta d’arresto ben più forte rispetto alla media nazionale (-2,6 %) e anche rispetto alla media del Mezzogiorno (-4,2 %).In termini assoluti, si parla di circa 33.600 nuovi nati in Sicilia nel 2024.

Alcune province sono particolarmente colpite:

-Enna: -8,4 %

-Trapani: -8,0 %

-Le città siciliane principali (Palermo, Catania) si avvicinano alla media regionale.

L’unica provincia con segno positivo è Agrigento (+0,3 %).

Questo declino non è spettacolare solo per l’entità percentuale, ma anche per il suo effetto cumulativo su un territorio già segnato da spopolamento e migrazioni interne ed esterne.

 

Fecondità e profilo materno: la “resistenza” in Sicilia

Nonostante il calo nazionale, la Sicilia si distingue per una tenuta relativa della fecondità rispetto ad altre regioni. Nel 2024 il numero medio di figli per donna sull’Isola è stimato in 1,27 (in discesa rispetto a 1,32 nel 2023).

Con questo dato, la Sicilia si conferma tra le regioni con il tasso di fecondità più elevato d’Italia, insieme a Campania e Calabria.

L’età media al parto, tuttavia, sul territorio siciliano risulta inferiore rispetto alla media nazionale: circa 31,7 anni nelle madri siciliane, contro i ~32,6 anni della media italiana.

A livello provinciale, emerge una forte variabilità interna: Le isole demograficamente più “fertili” sono Ragusa e Agrigento, con 1,34 figli per donna; segue Catania con 1,33. Le differenze tra comuni urbani e aree interne accentuano la disomogeneità: aree interne e montane presentano spesso i cali più acuti nelle nascite.

Tassi regionali e dinamiche migratorie

Secondo fonti regionali, il tasso di natalità in Sicilia nel 2024 è stimato a 7,4 per mille, ben superiore al dato medio nazionale (6,3 per mille) . Occorre però interpretare questa cifra con cautela, poiché alimentata da una base demografica ridotta e da tassi di mortalità e migrazione che peggiorano significativamente il bilancio complessivo.

In termini demografici complessivi: la Sicilia perde circa 3,7 % della popolazione residente nel 2024, scendendo a 4.779.400 abitanti. Il saldo naturale (nascite meno morti) è fortemente negativo.

La migrazione interna verso il resto dell’Italia pesa negativamente, mentre la componente migratoria da/verso l’estero appare più neutra o lievemente positiva. Ad esempio, un’analisi segnala un tasso migratorio interno negativo di circa -2,8 per mille e un saldo migratorio estero positivo di circa +3 per mille, determinando un saldo migratorio totale lievemente positivo (+0,2) secondo alcuni calcoli regionali.

In sostanza, la Sicilia affronta una duplice sofferenza demografica: da un lato la drastica caduta delle nascite, dall’altro la perdita netta di popolazione per migrazione interna, fenomeno che erode in modo selettivo soprattutto il capitale umano giovane e le generazioni che potrebbero formare nuove famiglie

I dati nazionali: il quadro generale

 

Il quadro tracciato dall’Istat nel report “Natalità e fecondità della popolazione residente – Anno 2024” pubblicato il 21 ottobre, restituisce l’immagine di un Paese che continua a perdere figli e futuro. Le nascite diminuiscono ancora, la fecondità scivola ai minimi storici e l’età media al parto non smette di salire.

Nel 2024 in Italia sono venuti al mondo 369.944 bambini, quasi 10 mila in meno rispetto al 2023 (-2,6%). È un declino che non conosce tregua: dal 2008 — anno in cui si registrarono oltre 576 mila nati — la perdita complessiva è di circa 207 mila unità, pari a un crollo del 35,8%.

Istat

Il numero medio di figli per donna è sceso a 1,18, contro l’1,20 del 2023, toccando così il livello più basso mai registrato. E le stime provvisorie dei primi sette mesi del 2025 preannunciano un’ulteriore flessione, fino a 1,13. Parallelamente, le madri italiane diventano tali sempre più tardi: nel 2024 l’età media al parto ha raggiunto 32,6 anni, tre in più rispetto al 1995, mentre l’età media alla nascita del primo figlio si attesta a 31,9 anni.

Il fenomeno coinvolge tutto il Paese, ma con intensità diverse. La riduzione delle nascite riguarda sia i primogeniti (181.487 nel 2024, -2,7% sul 2023) sia i figli successivi (-2,9% per i secondi, -1,5% per i terzi o ulteriori). Il calo è più marcato nel Mezzogiorno (-4,3%) rispetto al Nord (-1,8%) e al Centro (-2,0%), segnalando come la crisi demografica non risparmi più nemmeno le regioni tradizionalmente più prolifiche.

coppia bambini, adozioni, fertilità, genitoriA contribuire al calo non è solo la bassa propensione ad avere figli, ma anche la diminuzione del numero di potenziali genitori: le generazioni nate dagli anni Settanta in poi, sempre più esigue, hanno trasmesso nel tempo una fragilità strutturale alla piramide demografica. L’Istat parla apertamente di “persistenti difficoltà tanto ad avere il primo figlio quanto a passare dal primo al secondo”, riconducendole a fattori economici e sociali: la precarietà lavorativa, i tempi lunghi di formazione, la difficoltà di accesso alla casa, la tendenza a posticipare l’uscita dal nucleo familiare d’origine e, in molti casi, la scelta di rinunciare alla genitorialità.

Anche la struttura familiare italiana si trasforma: cresce la quota di figli nati fuori dal matrimonio, ormai maggioritaria in regioni come Umbria e Lazio, mentre rimane pressoché stabile il numero di nati da coppie miste o straniere. Nel 2024 i bambini nati da genitori in cui almeno uno è straniero sono stati 80.761, pari al 21,8% del totale, contro gli 80.942 del 2023 (-0,2%). I nati da coppie entrambi stranieri rappresentano il 13,7% del totale, con una lieve flessione (-1,7%), compensata da un aumento delle coppie miste (+2,3%).

Le differenze territoriali restano profonde: nel Nord i nati da almeno un genitore straniero rappresentano il 30,6% del totale, nel Centro il 24%, mentre nel Mezzogiorno appena il 9,3%, segno di una presenza migratoria meno stabile e radicata.

Il trend negativo prosegue anche nel 2025. Tra gennaio e luglio si contano 197.956 nascite, circa 13 mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2024 (-6,3%). Le flessioni più marcate si osservano nel Centro (-7,8%) e nel Mezzogiorno (-7,2%), con picchi in Abruzzo (-10,2%), Sardegna (-10,1%) e Calabria (-8,4%). Solo poche aree — come la Valle d’Aosta e le Province autonome di Bolzano e Trento — registrano un lieve aumento.

FONTE DATI: Natalità e fecondità della popolazione residente – Anno 2024 Istat 

 

Nota Metodologica – descrizione delle fonti:

La raccolta sistematica delle nascite della popolazione residente avviene attraverso il sistema amministrativo Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR).

Le fonti complementari sono:
-Stime anticipatorie degli indicatori demografici e sociali
-Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni.
-Ricostruzione intercensuaria della popolazione residente per età, sesso e comune. Anni 2002-2019
-Ricostruzione del bilancio demografico, anni 2001-2018.

 

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