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“Cosa stai impastando?” chiese un passante ad un pastore arabo che rispose: “Qas’at”.
Il saracino probabilmente faceva riferimento alla bacinella fonduta di forma tronco-conica dove mescolava la ricotta con del miele, ma il passante capì che, da quell’insieme, stava per nascere una delle assolute prelibatezze siciliane e non solo: “Qas,at” ovvero “Cassata”.
La cassata, una storia lunga più di 1000 anni, ritratto avanguardista di una Sicilia barocca e florida, dove risalgono e rimangono impresse le pennellate arabe e spagnole condite da talentuosi pasticceri, da un territorio sempre generoso e da un monastero illuminato.
“Secondo me, l’isola, l’essere nati in un’isola ha accentuato la vena sognatrice dei siciliani” dice Giuseppe Tornatore.
E di territorio profuma la cassata, del profumo dei suoi canditi “fù il pasticcere palermitano Gulì che introdusse la zucca candita (zuccata) nel 1873” e dell’inventiva strordinaria delle monache della Martorana, capaci di regalarci una lavorazione a base di mandorle e zucchero “la martorana o pasta reale”.
Facendo un passo indietro di 2 secoli e restando in tema “religioso” già a fine 1500 la cassata in Sicilia era stata proclamata “dolce pasquale” tant’è che fu proprio una Diocesi (quella di Mazara del Vallo) che ne vietò la produzione al di fuori della festa pasquale, per non cadere in tentazione.
Tra storia e tentazione ecco che nascono le sorelline e le cuginette della “barocca cassata tentatrice” le cassatine mignon, una miniatura intrisa di dolcezza, che ancora una volta sanno di avanguardia, preludio ed embrione del “take away” con un piede nel passato e uno sempre nel futuro.
Il team di Dulcis Inside
Giuseppe Marrone
Emanuela Bova Conti