Quando si sente la parola “dieta“, a chi ama mangiare, si aprono scenari di tristi minestrine, insalatine scondite, fettine ine ine di pollo ai ferri; insomma un regime, altra parola non amata perché evoca “imposizione” e “restrizione” a cui aggiungiamo la parola magica “sano” che equilibra l’accenno di scompenso provato all’inizio.
Se andiamo alla sua etimologia, ecco scoprire che questo termine, derivando dal greco diaita, δίαιτα, da cui il latino diaeta, ha il significato di abitudine, modo di vivere, costanza sine die. In altre parole fare dieta, nel nostro caso la Mediterranea, la più completa e varia che ci sia, non è altro che avere buone e gustose abitudini alimentari.
Origini della Dieta Mediterranea
La dieta mediterranea affonda le sue origini nella storia del nostro paese che, a sua volta, le ha ereditate dalle abitudini alimentari greche, mantenute nei secoli, e poi, con grande saggezza, fatte proprie dalla tradizione contadina meridionale che ha saputo distribuire le scarse risorse alimentari di cui disponeva: pane, vino e olio come base da cui partire.
La paternità della ricerca sulla Dieta Mediterranea è attribuita a Lorenzo Piroddi, studioso ligure attivo dalla prima metà del ‘900, che, per curare i suoi pazienti, analizzando la connessione tra abitudini alimentari e malattie del ricambio, ne elaborò una prima versione che limitava il consumo di grassi animali, privilegiando quelli vegetali.
E’ su questa ricerca che si innesta l’operato di Ancel Keys, noto fisiologo americano, che, con grande esperienza nel campo degli studi sulla nutrizione, rimase colpito dalle abitudini alimentari della popolazione del Cilento, da lui conosciuta come soldato sbarcato a Paestum al seguito della quinta Armata nel 1944. Terminata la guerra decise di trasferirsi in quella bellissima zona d’Italia e, precisamente, a Pioppi, una frazione di Pollica, un suggestivo paesino in cui visse per 28 anni, dedicandosi allo studio degli effetti che l’alimentazione del meridione aveva nei confronti delle malattie moderne, dette del benessere, quali ipertensione, arteriosclerosi, diabete, malattie cardiovascolari, tutte legate, secondo lui, alla cattiva alimentazione.
L’indagine del nutrizionista della School of Public Health dell’Università del Minnesota si chiamò “Seven Countries Study”, Studio dei sette paesi, e rese popolare la Dieta Mediterranea in tutto il mondo, con la speranza che i concittadini statunitensi cambiassero le loro abitudini, adottando quelle. Ricca di frutta, verdura, cereali integrali, legumi e olio d’oliva, è nota anche per essere povera di grassi saturi e ricca di proteine magre.
Tuttavia la definizione di “dieta mediterranea” ha lo scopo di identificarla con uno schema che è, soprattutto, culturale, anche se ogni paese lungo il Mare Nostrum ha tradizioni differenti. Scendiamo nel particolare: gli alimenti quotidiani erano il pane, la pasta, i legumi, l’olio di oliva, le verdure con poco formaggio, frutta e vino. Una volta a settimana erano concessi i cibi più grassi come salumi, pesce, carni, dolci. Grazie al lavoro del tempo che fu, non da scrivania, il tutto era integrato da una sana e e diffusa attività fisica. Il modello meridionale, confrontato in seguito con le diete di altri paesi a forte incidenza di malattie cardiovascolari, quali la Finlandia, la Germania, gli Stati Uniti, confermò la sua validità.
Chiamandosi “Mediterranea”, quale popolo è il suo vero creatore? Varie sono le ipotesi che si aggiungono a quelle di Lorenzo Piroddi e Ancel Keys. Dagli studi di Anika Rouf, una dietista e dottoranda della School of Life and Environmental Sciences presso l’Università di Sydney, si evince che la prima indagine scientifica sulla dieta mediterranea venne fatta nel 1948 dal governo greco per migliorare, dopo la seconda guerra mondiale, la salute della popolazione. I ricercatori alla fine scoprirono che l’alimentazione dei cretesi locali era molto sana e basata su verdure, frutta, erbe, olio d’oliva e fagioli, vino e proteine magre. Questa dieta, però, potrebbe essere nata da antiche e avanzate civiltà del Medio Oriente nel nono millennio a.C.
Ad avvalorare ciò, infatti, l’aver trovato prove archeologiche e botaniche a dimostrazione che la Siria, la Palestina e la Turchia meridionale avevano cereali e legumi; olive, fichi e viti si ritiene che furono diffuse in altre regioni del Mediterraneo da Greci e Fenici, canna da zucchero, mandorle, limoni e arance, invece, dai popoli arabi che avrebbero introdotto, anche, nuovi alimenti nella dieta europea portando melanzane, riso e alcune spezie.
La dieta mediterranea, considerata la migliore al mondo, è, quindi, la storia di magnifici scambi di cui le radici si sono quasi perse perché fanno capo a una stessa area geografica, madre di sane abitudini alimentari. Dalle teoria, però, passiamo alla pratica con la ricetta del “Tortino di alici“.
Ingredienti:
- 1 kg di alici
- pangrattato
- prezzemolo
- 1 spicchio d’aglio
- 10 pomodorini
- olio Evo
- sale q.b.
- pepe q.b.
Procedimento:
1.In una ciotola mettete pangrattato, prezzemolo e lo spicchio di aglio, tritati finemente.
2.Prendete le alici e, dopo averle lavate, prendete una pirofila, oliatela, fate uno primo strato di alici e un secondo col condimento, precedentemente fatto, aggiungendo qualche pomodorino tagliato a metà.
3.Aggiungete un pizzico di sale, pepe e fate il secondo strato.
4.Ponete in forno preriscaldato a 180° per circa 15, 20 minuti.
Altre idee: una bella pasta con peperoni, melanzane, zucchine e pomodorini; pollo agli agrumi o al curry e un’insalata di sedano, mele, noci e yogurt. Tutti suggerimenti in cui la vostra fantasia, con nuovi elementi, darà il meglio.
Buona e, soprattutto, sana “abbuffata“.