Ma sarà vero che in sei mesi la raccolta differenziata in Sicilia è cresciuta di 1 punto ogni trenta giorni con la percentuale che a fine dicembre si è attestata al 21,05% rispetto al 15,41% registrato a giugno del 2016? Leggendo i dati raccolti dall’ufficio speciale per il monitoraggio della differenziata guidato da Salvo Cocina è proprio così. Tant’è che Rosario Crocetta parla di “successo” che va al di là delle aspettative del ministero dell’Ambiente che aveva imposto almeno un 3 per cento d’incremento in sei mesi.
Un trionfo ascrivibile, gongola Crocetta, all’azione messa in campo dal suo governo che durante l’emergenza della scorsa estate minacciò i comuni inadempienti di requisire le discariche pubbliche e di punirli con il taglio dei trasferimenti. E in questo modo avrebbe spinto parecchi enti locali a dare un’accelerata alla differenziata. La realtà però non è quella che appare. Il dato è vero, per carità, ma non dice come stanno le cose. Perché si tratta sì di incremento ma in termini di percentuale e non in valore. In sostanza, la differenziata non si sa bene dove vada a finire perché è gestita da imprese private che guadagnano due volte, dai comuni che conferiscono la spazzatura pagando un prezzo variabile anche in base al materiale e dai centri di compostaggio anche fuori dalla Sicilia.
“In effetti la crescita è in percentuale”, sussurra Maurizio Pirillo, il dirigente al quale Crocetta ha consegnato le chiavi del dipartimento rifiuti. Un burocrate di peso che dialoga no stop con la Presidenza, mal sopportato dall’assessore Vania Contrafatto. Da quanto si apprende la Regione non è in grado di sapere con esattezza l’eventuale aumento della quantità di rifiuti differenziati raccolti dai comuni che trasmettono all’osservatorio regionale gli aggiornamenti in percentuale. Non solo, la Regione non sarebbe in grado di verificare la veridicità di quelle informazioni per la complessità di un sistema che fa acqua da tutte le parti. Dalle tabelle emerge che a Palermo, secondo il dato del comune, la raccolta è al 13%. “Ma dobbiamo ancora verificare”, allarga le braccia Cocina.
Discorso analogo vale per Catania, che si attesterebbe tra il 13 e il 14%: sul capoluogo etneo l’ufficio speciale della Regione ha acceso un faro perché sospetta anomalie nel contratto ponte firmato a dicembre dall’amministrazione di Enzo Bianco con Ipi-Oikos, quest’ultima società titolare della discarica Valanghe d’Inverno e dell’appalto sui servizi di nettezza urbana a Catania, affidata ai commissari dopo le inchieste per corruzione che hanno coinvolto il ‘re’ dei rifiuti Domenico Proto. Intorno al 10% è anche Messina, la peggiore invece è Siracusa, con la raccolta differenziata ferma intorno al 5%. “Da soli questi quattro comuni rappresentano il 30% della popolazione siciliana – afferma Cocina – Sono loro il dramma della Sicilia, fanno abbassare la media regionale”.