Ospitiamo e volentieri pubblichiamo questa riflessione del professore Pierangelo Grimaudo*
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Vi è una circolarità di interessi tra la Lega, la Sicilia e il Paese che può costituire una di quelle rare occasioni che di tanto in tanto la storia offre e che forse, vale la pena di cogliere.
Se un merito ha la Lega, è quello di avere reintrodotto il tema della territorialità come elemento imprescindibile della politica. A patto che la territorialità non sia intesa solo come confine, ma anche e soprattutto come legame tra comunità d’interessi e territorio che genera identità e vocazioni peculiari che sono la linfa vitale dell’universo umano. Un’attenzione al “locale” come chiave interpretativa delle apparenti contraddizioni che connotano il nostro Paese nel senso positivo di ricchezza del “paesaggio” materiale, umano, vocazionale che fa dell’Italia un unico al mondo. Lo stesso elemento del “locale”, della politica locale, è stato un fattore decisivo di crescita per questo partito, al contrario degli altri evaporati in una dimensione altezzosa, banalmente mondialista, distinta e distante dai bisogni popolari.
Non si tratta necessariamente di una territorialità che fa a pugni con la nuova realtà globale. Al contrario, locale e globale si compendiano, perché a ben vedere, bisogna stare sì nel mondo globale, ma per esserci veramente, bisogna starci con la propria identità; occorre avere un “quid” proprio, per essere significativi, per giocare la partita al tavolo delle interrelazioni tra popoli, economie, culture, e la Sicilia, terra di identità antica, ma anche di grande capacità relazionale, a questo punto diventa risorsa preziosa per tutto il Paese.
Raggiunta ormai la saturazione dei suffragi nell’Italia settentrionale, alla Lega non resta che puntare al Sud, dove però al momento, paga il prezzo di una risalente impostazione padanocentrica, oggi non più compatibile con le ambizioni di partito a consolidata vocazione di governo e di respiro nazionale. Il fatto che tal estensione del consenso al Sud (ora intorno al 2, 3%) non sia una condizione urgente per permanere al governo in realtà, è più un vantaggio che un problema, sia per il partito che per la Sicilia.
La Lega non ha fretta in Sicilia e se così è, può intraprendere un processo di costruzione dal basso di una classe dirigente in grado di dare un contributo di primo livello all’elaborazione di una proposta politica nazionale di più vasto respiro. Imbarcare una rappresentanza politica già pronta (e de-cotta) di politici di professione, mercenari per vocazione, provinciali per formazione e spesso con grandi scheletri nell’armadio, oltre che inutile e pericoloso per il partito di Salvini, sarebbe anche letale per gli stessi interessi della comunità siciliana e in fin dei conti, per l’interesse di tutto il Paese. Una nuova classe politica siciliana, se solo si avrà la pazienza di aspettare è possibile perché esiste in Sicilia una umanità nascosta con una visione profonda e allo stesso tempo moderna delle principali questioni generali (globali) che sono la cornice ineludibile delle specificità siciliane e nazionali.
Un ambiente umano che si è ritratto di fronte alla mediocrità di “quelli che contano”. Quella Sicilia di intelligenze cosmopolite abbeveratesi alla cultura euro mediterranea (e quindi a vocazione universale) che costituisce il vero “Genius loci” dell’Isola, che può offrire alla politica italiana la consapevolezza che nello spazio Medi-terraneo, oggi come ieri, si gioca la partita fondamentale dei nostri interessi vitali. Il Paese non può più fare a meno della più grande isola al centro del Mediterraneo, che è ritornato crocevia dei nuovi flussi transcontinentali, se non al caro prezzo della complessiva non competitività e della inadeguatezza di fronte alla minaccia dei suoi interessi vitali (v. la Libia, il blocco navale turco di Cipro ai danni dell’ENI e l’ allontanamento della Tunisia dall’orbita italiana).
Non è dunque, un atto di generosità del partito emblema del Nord virtuoso verso un Sud di miserabili straccioni né, di solidarietà nazionale. Non si tratta di un “investimento a perdere”.
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* Pierangelo Grimaudo è Professore Associato di Istituzioni di Diritto pubblico dell’Ateneo di Messina e Avvocato del Foro messinese. Ha collaborato con altre università italiane ed estere, tra le quali la LUMSSA, l’Università di Bologna, la UBA di Buenos Aires e l’Università Economica di Cracovia. Ha pubblicato numerosi scritti in materia di diritti sociali, sistemi elettorali, partiti politici, forma di governo e Autonomie locali con particolare riguardo all’ordinamento siciliano.