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Berlusconi e Salvini litigano per la premiership. La Sicilia non è mai stata così lontana

venerdì 23 Febbraio 2018
berlusconi-salvini

Viene da chiedersi sempre più, dalle cronache degli ultimi giorni che segnano l’arrivo del voto per le Politiche di domenica 4 marzo, che tipo di vita può avere, prima ancora dell’ipotesi di larghe intese o di governo di coalizione, uno schieramento, il centrodestra, dove i due leader di riferimento (e che siano in due è già una gustosa novità), non lasciano passare un solo giorno in cui non proclamino posizioni belligeranti ad escludendum l’uno della leadership dell’altro.

Berlusconi e Salvini non se le sono certe mandate a dire in questa campagna elettorale.

Più che un generale e un luogotenente, i due sono parsi a lungo due colonnelli. Non ci sono truppe inglesi, né quartier generale da stabilire, come nel caso del film di Steno del 1963 con Totò, e per molti versi c’è poco da ridere.

Ieri a Radio Capital, Berlusconi, parlando di Salvini a 4 punti di percentuale da FI, ha confermato per altro verso, proprio l’argomento del leader della lega: “Con un voto in più sarò premier”.

I temi del Mezzogiorno, dello sviluppo, del rilancio delle attività produttive, isole comprese, rimangono geograficamente confinati nelle schermaglie di giornata in cui a uno dei due leader capita, occasionalmente,  di dover parlare di Sicilia.

L’Ohio dei poveri, come da qui a qualche giorno, qualcuno con espressione poco originale, ci descriverà, interessa solo marginalmente e in via residuale. Salvini del resto che sa come il  Cavaliere sia irraggiungibile in termini di elettorato nell’Isola, ha preferito uno stile politically correct, evitando di calcare la mano e infierire sui luoghi comuni a base di Sicilia che appartengono ampiamente al bagaglio leghista.

E dire che con l’affermazione di Nello Musumeci a novembre, le aspettative degli osservatori sulla possibilità di costruire una piattaforma di temi per il rilancio del Sud e della Sicilia, nell’agenda elettorale della coalizione di centrodestra, non mancavano.

Al momento, però, Ponte sullo Stretto a parte, si è visto e sentito poco o niente.

Nella testa di Salvini c’è solo Palazzo Chigi. La partita della vita, che per lui alla fine si tradurrà solo in un numero elettorale alto da consegnare alla storia del suo movimento. Infine il leader del Carroccio confida, per quanto riguarda la Sicilia, proprio nei 5 Stelle. Una vittoria ridimensionata di Berlusconi in Sicilia, o peggio, un exploit dei grillini,  potrebbe facilitare le sue ambizioni.

Tutto quello che i siciliani insomma avrebbero voluto evitare alla vigilia. Di finire, cioè, dentro un lacunoso e sterile gioco di strategie, mentre la casa brucia e i pompieri sono lontani.

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