È arrivata, attesa e annunciata, ma non per questo, meno importante e carica di effetti, l’impugnativa da parte del consiglio dei ministri sulla legge di riforma delle ex Province, approvata ad agosto dal parlamento siciliano che reintroduceva l’elezione diretta per i vertici dei liberi consorzi e per i relativi consigli.
Un blitz che in molti, Crocetta per prima, avevano bollato come un sintomo di restaurazione, ma che rischia di fare innescare caos e sovrapposizione tra norme. A darne notizia ieri è stato il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone, uno dei meno entusiasti dell’ultimo rattoppo di legislatura in materia uscito dall’Ars: «La decisione del Consiglio dei ministri – ha dichiarato- rimette ordine».
«Un obbrobrio e un atto di trasversalismo unico», li ha definiti Ardizzone, plaudendo al provvedimento. Ma quali sono le conseguenze che rimangono in campo adesso? Intanto, fino al pronunciamento di incostituzionalità della Consulta la legge rimane vigente, fatto dal quale scaturisce come corollario di transizione il permanere dell’obbligo da parte di Crocetta della nomina dei commissari delle città metropolitane. La decadenza infatti di Orlando, Bianco e Accorinti da sindaci metropolitani è un fatto in sé compiuto.
Crocetta potrebbe già lunedì prossimo procedere alla nomina. Tra i nomi, i dirigenti regionali Salvo Cocina, Francesco Calanna e Giuseppe Amato. Inoltre se la prossima Assemblea Regionale non riterrà di dovere fare un passo indietro rispetto alla legge in questione e non dovesse intervenire in tempo utile il pronunciamento della Corte costituzionale, si dovrebbe anche andare al voto.
Tra le possibilità anche una legge ponte che preveda un testo saldato a correzione con le parti impugnate della norme, che ne sanerebbero i profili eccepiti. Il parlamento che uscirà dalle urne, potrebbe dunque avere tra i suoi primi appuntamenti e banchi di prova, proprio il nuovo testo sugli enti di area vasta. Anche se, tra finanziaria o esercizio provvisorio che sia e gli adempimenti di inizio legislatura, la sovrapposizione con la data delle elezioni.
In ogni caso l’impugnativa romana non è priva di conseguenze. Il riflesso politico della bocciatura di una legge che crea un disallineamento con la normativa nazionale, la Delrio per intenderci, è pratico, concreto e immediato. E intanto gli enti di area vasta rischiano di soccombere, tra debiti, crisi finanziarie, difficoltà di gestione e default.