Il Papa nelle scorse ore è tornato a Rebibbia. Di nuovo, nelle carceri Italiane, dopo 10 anni, c’è solo il Santo Padre che torna a Rebibbia e apre la porta Santa. Tutto il resto è noto.
Pubblichiamo la lettera dal carcere di Totò Cuffaro e la risposta del direttore contenute nel numero di Tempi.
La lettera:
“Nelle carceri si vive nella miseria che impone la legge dell’uomo, ma l’uomo e la legge non hanno la forza di far disconoscere la Misericordia di Dio. La speranza e la fede, per chi l’ha, sorreggono l’uomo detenuto. Grida l’uomo, grida il suo silenzio, gridano la fame e la miseria, grida, si sciupa e si dissecca la vita, e grida il tempo e grida l’anima, e in tutti noi si spezzano i cuori… ma Cristo è in ascolto.
Arriva Cristo, la Sua Misericordia porta con sé i petali della vita e fa del carcere un luogo consacrato. «Dove dimora il dolore il suolo è sacro». Arriva e porta pace alla disperazione degli uomini che sono al varco del confine, nelle urne del pianto. Arriva e libera gli spiriti legati alle catene. È uno dei nostri, fatica con noi per riscattare il nostro passato e per ripristinare i nostri giorni.
Lo sentiamo camminare accanto a noi, consola la nostra libertà crocifissa, e a ogni passo sentiamo che il giogo diventa più sopportabile. Gesù non è nelle nostre giornate di detenuti solo un pensiero, qui riusciamo a dargli del Tu. Allora ci imponiamo di ricominciare.
La vita è un ricominciare sempre, ogni giorno, ogni istante. La realtà provoca e noi non possiamo non prenderla sul serio e ciò vuol dire accettare la sfida che essa ci pone. La chiave di volta sta nel rapporto con noi stessi, tra noi e ciò che ci sta attorno. Da ciò non dobbiamo rifuggire perché è il culmine e la misura della sfida. Pregheremo più intensamente perché la Misericordia sia sempre presente nei nostri cuori e nella nostra vita di detenuti e accarezzi la nostra sofferenza.
Il Papa ha annunciato il Giubileo speciale della Misericordia e ha voluto per il 6 novembre 2016 il giorno del Giubileo del detenuto, riaffermando e ribadendo la sua attenzione per chi è privato della libertà. Sarebbe bellissimo che la Giustizia dello Stato desse una giusta risposta a una così forte scelta di attenzione del Papa per il mondo delle carceri consentendo ai detenuti di poter essere presenti per quel giorno in piazza San Pietro.
Ma se anche la Giustizia dello Stato non ci consentirà di esserci e di passare sotto la “Porta Sacra”, noi varcheremo la porta delle nostra cella: la Misericordia di Dio e papa Francesco hanno fatto sì che è “parimenti sacra” la porta di sbarre del luogo che custodisce il dolore e priva della libertà. Il carcere non è storie di corpi ma di anime
Grazie amico Totò, tengo in bella vista lo Shakespeare de Il Mercante di Venezia, atto IV, scena I, dice così: «La misericordia è al di sopra del potere scettrato. Essa ha il suo trono nel cuore dei re ed è un attributo di Dio stesso. Il potere terreno appare allora più simile a quello divino quando la misericordia tempera il giudizio».
Credo che ciascuno di noi e l’Italia stessa ricominceremo in tutti i sensi quando – pensando che «se la vita non è data, è rubata, portata via», come sta scritto sul manifesto di Tempi – misericordia si affaccerà nel nostro sguardo. Sguardo di uomini, siano essi carcerati, giudici o re.
Dopo di che, ottimo e giusto proponimento sarebbe quello di abbinare all’Anno Santo una legge di amnistia che manca da che l’Italia si è fatta apostola per legge della penitenzieria fuorilegge”.