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La nave greca di Gela: la più antica imbarcazione ellenica mai ritrovata

sabato 8 Febbraio 2020

La Sicilia greca fu animata da molte città importanti e sicuramente una di queste è stata Gela, snodo commerciale mediterraneo di primo piano. Ed è proprio nelle acque del golfo di Gela che sono state ritrovate,nel corso del tempo, ben quattro navi greche in condizioni ottimali e rimaste nei fondali per circa 25 secoli.

Ricordiamo che queste acque furono teatro nel 256 a. C. della battaglia di Capo Ecnomo, una delle battaglie navali più importanti dell’antichità, combattuta tra romani e cartaginesi, di cui ci dà testimonianza il grande storico greco Polibio, secondo il quale, durante lo scontro, furono affondate ben 24 navi romane e più di 30 navi cartaginesi.

Ma le nostre quattro navi non hanno nulla a che fare con la battaglia di Ecnomo, esse infatti sono molto più datate. In particolar modo, l’esemplare più antico, ritrovato casualmente da due sub nel 1988, risale tra la fine del VI secolo a. C. e l’inizio del V secolo a. C. Il relitto, quasi del tutto integro, era circondato da una gran quantità di oggetti, tra cui anfore, utensili, ceste di vimini e arredi sacri, si trattava, evidentemente, di una parte della merce trasportata dall’imbarcazione. A questo punto sorge spontanea una domanda: com’è stato possibile che dopo circa 25 secoli questi reperti si siano conservati quasi perfettamente? Ebbene, il fondale argilloso ha custodito il materiale archeologico come una sorta di cassaforte dalle intemperie proteggendolo dal deterioramento.

La nave di Gela scoperta nel 1988 è l’imbarcazione greca integra più antica mai riportata alla luce fino ad ora ed è addirittura la terza più antica al mondo, dopo la nave fenicia di Calidonia e la Barca solare del faraone Cheope.

Le ottime condizioni dell’imbarcazione hanno reso possibile la raccolta di dati significativi. Innanzitutto, era una nave mercantile, che fece scalo ad Atene per poi intraprendere la rotta verso Gela, a dimostrazione della rilevanza della città siciliota in questo periodo. Ma una brutta tempesta impedì al natante di raggiungere le coste siciliane. Tale è lo stato di conservazione del relitto che dai danneggiamenti subiti è stato anche possibile ricostruirne, a grandi linee, la dinamica dell’affondamento e le fasi concitate che dovettero precederlo con il tentativo da parte dell’equipaggio di alleggerire l’imbarcazione incominciando a lanciare in acqua il carico di bordo.

Dall’analisi di alcuni reperti si è riusciti a individuare l’appartenenza sociale di alcuni membri dell’equipaggio: il ritrovamento di una fibula d’argento ci suggerisce che quest’ultima doveva appartenere al comandante, probabilmente, di elevato rango sociale o ancora la presenza di uno stilo utilizzato per scrivere su tavolette di legno incerate ci suggerisce la presenza di un membro che aveva il compito di redigere il giornale di bordo. Il ritrovamento di uno zufolo, una sorta di flauto, potrebbe indicarci la presenza di un flautista col compito di rallegrare i compagni ma poteva anche avere scopi cerimoniali e religiosi.

Infatti, l’equipaggio doveva essere piuttosto religioso essendo stato ritrovato un altare in bronzo e parecchie statuine votive. Cosa ancor più sorprendente, è stato possibile capire cosa mangiassero questi uomini essendo stati identificati resti di carne bovina, diverse specie di pesce e il nocciolo di una pesca. Infine, l’imbarcazione ha permesso di fare chiarezza sulle tecniche di costruzione navale, infatti, il relitto del 1988 fu realizzato con delle tavole di legno tenute assieme con delle corde di fibra vegetale, tecnica appartenente a molte aree del Mediterraneo.

Le operazioni di recupero sono state effettuate solo diversi anni dopo, nel 2003 e poi nel 2008, ad opera della Soprintendenza di Caltanissetta, a cui è seguita la lunga fase di restauro, lavoro estremamente delicato e affidato al laboratorio Mary Rose Archaeological Service di Portsmouth.

L’auspicio: un museo della navigazione greca

Nel 2016 i pezzi della nave restaurata sono tornati a Gela e ormai sta prendendo sempre più forma l’idea di realizzare un Museo della Navigazione greca per esporre e valorizzare l’enorme mole di reperti archeologici ritrovate nei fondali del suo golfo. L’auspicio è che il buon proposito non resti lettera morta, ma che si faccia davvero: sarebbe un luogo che – se opportunamente valorizzato – diventerebbe uno dei principali biglietti da visita della Sicilia, per scoprirne la sua storia arcaica e la sua cultura legata al mare e alla navigazione.

Il ritrovamento e il recupero della nave greca di Gela è stato un evento di straordinaria importanza, non soltanto per la storia della Sicilia antica ma in generale per la storia del Mediterraneo. Infatti, le eccezionali condizioni di conservazione, sia del relitto sia degli oggetti trasportati, ha permesso una maggiore conoscenza non solo della storia dei commerci marittimi ma anche della storia delle tecniche di costruzione delle imbarcazioni, della storia sociale, materiale e religiosa di questi uomini, nonché anche della storia dell’alimentazione. Un bagaglio di dati e informazioni che testimonia ancora una volta la centralità, già nel VI secolo a. C., della Sicilia nella storia del Mediterraneo.

Altre tre navi greche attendono di essere riportate in superficie

Le acque del golfo di Gela non smettono di regalarci tesori provenienti dal passato, come dimostra il ritrovamento, dopo il 1988, di altre tre navi greche che attendono solo di essere riportate alla luce. E chissà ancora quanti altri tesori archeologici emergeranno dagli abissi di queste acque così eccezionalmente ricche.

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