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La politica siciliana riparte dai figli della destra nazionale

venerdì 21 Settembre 2018

La politica siciliana riparte dal Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale e da Alleanza nazionale. No, non è un errore e non siamo in un’altra epoca, ma quanto raccontano le cronache politiche di questi ultimi mesi in Sicilia. Infatti, a ben guardare, negli ultimi tempi, nell’Isola (che da sempre è un laboratorio politico) le uniche novità di rilievo riguardano il centrodestra: il fatto è che i principali protagonisti in ascesa di questo schieramento sono tutti provenienti dall’area che fu del vecchio Msi o di An. Anzi, il dato ancora più rilevante è che il presente, ma soprattutto il futuro dell’intero centrodestra siciliano, sembra essere riservato ad esponenti politici cresciuti con il marchio doc della Fiamma tricolore missina.

A partire dal vertice della Regione. Nello Musumeci è, infatti, l’esempio plastico di uomo di destra, rispettoso del ruolo istituzionale che ricopre e con una storia politica alle spalle da esponente di primo piano nel Movimento Sociale Italiano catanese e in An. Una militanza politica, che lo ha portato a Strasburgo fra i banchi dell’Europarlamento, ma che – come lo stesso Musumeci ama spesso ricordare – lo ha visto per anni guidare da presidente la Provincia regionale di Catania, con innegabili risultati positivi. Musumeci oggi guida anche il movimento civico #Diventeràbellissima, piena di figli del fu Msi o di Alleanza nazionale, che ha quale capogruppo all’Ars il giovane Alessandro Aricò, già esponente di An. C’è fra i parlamentari Pino Galluzzo, gia dirigente missino ed esponente in passato della destra universitaria. Fedelissimo di Musumeci è Ruggero Razza, assessore regionale e anche lui proveniente dalla destra giovanile. Fra gli esponenti noti del movimento c’è pure il “dissidente” Fabio Granata, assessore alla cultura al comune di Siracusa, anch’egli figlio della medesima famiglia politica d’origine.

Anche Forza Italia comincia a spostare il proprio baricentro a destra. Sembra, infatti, che la leadership fino ad ora indiscussa del delfino berlusconiano Gianfranco Miccichè, possa venire messa pesantemente in discussione da una nuova classe dirigente che scalpita per far sentire la propria voce. Una classe dirigente, che si affida al profondo radicamento sui territori e a un rapporto più diretto con i cittadini che, neanche a dirlo, proviene dalla scuola della destra nazionale. Oggi, questa componente forzista ha fra i suoi nuovi rappresentanti il sindaco di Catania Salvo Pogliese, cresciuto politicamente nel Fronte della Gioventù (le giovanili del Msi) e che ha portato il centrodestra al trionfo nel capoluogo etneo, nonostante la generale crisi siciliana dell’area moderata alle ultime amministrative. Un altro “cavallo di razza” della nuova Forza Italia è Marco Falcone, anch’egli ascrivibile all’universo della destra rimasta orfana di Alleanza nazionale.

Ovviamente c’è poi l’altra gamba del centrodestra, quella di Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni si è sempre definito come l’erede naturale di Alleanza nazionale di cui conserva anche parzialmente il simbolo. In Sicilia è riuscita a far eleggere una piccola ma agguerrita pattuglia di parlamentari nazionali e al parlamento siciliano è presente con tre deputati, fra cui Elvira Amata, Gaetano Galvagno e il capogruppo Antonio Catalfamo. Al parlamento nazionale ci sono Ninni Stancanelli, Carolina Varchi, Carmela Bucalo.

Ma l’eredità missina è presente anche nell’astro nascente della politica siciliana, ovvero nella Lega Salvini Premier, che in questi mesi è in fortissima ascesa nell’Isola, con molti esponenti provenienti da varie forze politiche che tentano di salire sul Carroccio leghista. Lega, che in Sicilia, su decisione del commissario regionale e sottosegretario Stefano Candiani, affida le proprie sorti a due giovani abili responsabili degli enti locali. A Catania e in Sicilia orientale c’è Fabio Cantarella, avvocato e assessore nella giunta municipale guidata da Pogliese, mentre a Palermo e in Sicilia occidentale c’è Igor Gelarda, poliziotto e attivissimo consigliere comunale a Palazzo delle Aquile. Entrambi provengono dal Fronte della Gioventù, cioè dall’organizzazione giovanile del Msi, che frequentavano quando erano molto giovani e che ha fatto muovere loro i primi passi nell’universo politico.

Ecco, dunque, che se in Sicilia i partiti tradizionali si squagliano e restano in piedi solamente quelle forze politiche o quelle aree che hanno un profondo radicamento sui territori, chi non sembra soffrire la crisi sono proprio coloro che provengono dalla diaspora di quella che fu l’esperienza politica della destra nazionale. Anzi, si potrebbe dire che la crisi della politica di plastica, quella degli slogan e dell’apparenza, stia premiando coloro i quali hanno in sé una formazione che permetta loro di comprendere le esigenze della gente e interpretare il nuovo a partire da quelle solide e profonde radici di militanza sul territorio. Ecco, forse, perché la nuova politica siciliana si affida a dirigenti politici che arrivano da un passato di militanza doc, come è quella che proviene dal partito della Fiamma missina prima e di An poi.

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