“Togliere l’indipendenza significa togliere molto al valore originario del servizio pubblico. Ed è quello che sta succedendo in Rai per effetto di due leggi che hanno dato al governo il potere di scegliere i vertici. Dapprima la legge Gasparri nel 2004 e poi la legge Renzi nel 2015 hanno creato un sistema che lega la governance della Rai al binomio maggioranza-esecutivo. Quando il governo è autorizzato dalla legge a nominare i vertici è chiaro che si riduce l’indipendenza. E’ un sistema che contrasta frontalmente quanto stabilito dalla Corte Costituzionale nel 1974 quando ha espressamente chiarito che i vertici della Rai non devono essere espressione prevalente del potere esecutivo né direttamente né indirettamente. Le procedure selettive devono seguire criteri di indipendenza, trasparenza, competenza e autonomia economica”. E’ netto il professor Roberto Zaccaria, illustre costituzionalista, ex presidente della Rai dal 1998 al 2002 e che lunedì a Catania interverrà all’incontro promosso da UniCt Giurisprudenza dal titolo “Il servizio pubblico radio televisivo attraverso la testimonianza di un suo protagonista”.
TUTTO IN MANO ALLA POLITICA
Le polemiche e le vicende delle ultime settimane stanno rendendo sempre più attuale il dibattito sullo stato di salute del servizio pubblico rispetto anche al periodo in cui il professor Zaccaria è stato dapprima consigliere e poi presidente del Cda. Anni raccontati nel libro del costituzionalista “Un professore chiamato presidente” pubblicato nel dicembre 2023. Troppe cose sono cambiate nel servizio pubblico negli ultimi 20 anni, soprattutto per effetto delle due leggi (Gasparri e Renzi) che hanno sbilanciato il potere dell’esecutivo nella nomina di sei dei sette consiglieri d’amministrazione Rai.
RICORSI AL TAR
Non a caso l’ex presidente Zaccaria è tra quanti hanno sostenuto l’iniziativa che ha portato a inizio mese alla presentazione di due ricorsi al Tar del Lazio per bloccare la procedura di nomina del nuovo Cda. In realtà l’obiettivo è sollevare, come appunto spiegato dal professor Zaccaria, la questione di costituzionalità davanti alla Consulta proprio perché la legge che mette in mano all’esecutivo tutto il potere di nomina lede il principio d’indipendenza ribadito dalla stessa Corte Costituzionale nel 1974.
IL MEDIA FREEDOM ACT
“Non è facile, ma è doveroso seguire questa strada. C’è poi un altro punto-prosegue Zaccaria– ed è la recente approvazione del regolamento Ue del Media Freedom Act che prescrive indipendenza e trasparenza del servizio pubblico”.
Il tema però è molto più ampio e riguarda anche la libertà d’informazione e la garanzia di pluralismo nel servizio pubblico. Dal recente caso Scurati agli addii di personalità di primo piano (Fazio, Augias, Berlinguer), fino al calo di audience, sono tutti elementi da non sottovalutare.
CENSURE E FUGHE
“Ho la sensazione che non si respiri più la stessa aria di pluralismo del passato. Si parla di censure e poi di fughe, di programmi fermati. Se mettiamo insieme il caso Scurati, il programma di Saviano fermato, il fatto che Ranucci sia stato convocato in Commissione parlamentare, poi ancora i nomi di quanti sono andati via, il pensiero che sorge è che sotto traccia ci possano essere altri casi e che si respiri minore aria di libertà e pluralismo. La conseguenza è anche la disaffezione degli spettatori. Basta guardare i dati di ascolto, in base ai quali LA7 è la terza rete per visibilità”.
Raffrontando i dati del 2023 con quelli del 2024 è un progressivo spostamento dell’audience dalla Rai verso le reti private, di pari passo con il passaggio delle firme più note del servizio pubblico.
A preoccupare il costituzionalista è il progressivo concentrarsi dei poteri nelle mani dell’esecutivo. Il dibattito, anche questo molto attuale, sul premierato non è avulso né da quanto sta accadendo in Rai né dalle altre riforme.
“Il premierato è solo un pezzo della riforma costituzionale- spiega ancora- C’è anche la riforma dell’autonomia differenziata, la riforma della magistratura…. Il problema è che oggi il potere normativo è in mano all’esecutivo con il continuo ricorso ai decreti d’urgenza il potere estero è in mano all’esecutivo dal momento che il Parlamento ratifica solo i Trattati, se aggiungiamo l’elezione diretta del capo del governo si indebolisce il presidente della Repubblica ed il Parlamento e si concentrano i poteri in mano all’esecutivo. Sommiamo tutti questi elementi, per me è più pericolosa la concentrazione dei poteri che non l’instabilità di governo”