Chi pensava che con le dimissioni di Lorenzo Fioramonti da ministro dell’Istruzione si potesse aprire la porta alla crisi di governo e al tracollo del governo Conte bis si sbagliava. A mettere una pezza è stato proprio Giuseppe Conte, la cui strategia complessiva, sabato 28 dicembre è andata in scena in modo plastico in occasione della conferenza stampa di fine anno.
Affiancato dall’immancabile Rocco Casalino, Conte ha allontanato, a suo modo, i venti di crisi, spiegando di voler restare saldamente al suo posto di presidente del Consiglio: un messaggio rivolto al Movimento 5 Stelle e al Pd, ma anche allo sparuto gruppetto di parlamentari “contiani”, che (con lo stesso Fioramonti in testa) avrebbero voluto dar vita a un gruppo parlamentare autonomo vicino al premier, per erodere eletti al M5s e chissà, aggregare magari anche pezzi di centrosinistra in libertà. Per adesso tutto rinviato. Non è il proprio il caso, avrà pensato Conte, di avallare in questo momento una simile ipotesi, che potrebbe destabilizzare i già traballanti numeri del suo governo e fargli franare il terreno da sotto i piedi. Meglio puntare su parole d’ordine rassicuranti di unità di coalizione e calmare i bollenti spiriti grillini da un lato e dem dall’altro.
E così, ecco due ministeri al posto di uno: le due poltrone di Scuola e Università tornano divise, in modo da assegnarle equamente a Movimento 5 Stelle e Pd. E così, mentre la scuola resta in casa grillina, con la nomina a “ministra” (parola usata da Conte, ma ormai la lingua italiana viene violentata quotidianamente) della docente siciliana al Nord Lucia Azzolina – neofita della politica e da poco vincitrice di concorso per dirigente scolastico – l’università va al Pd, con l’incarico di ministro assegnato al rettore Gaetano Manfredi, vicino ai Dem. Nomina, quest’ultima, non a caso salutata da Zingaretti con parole al miele.
Insomma, basteranno le due poltrone elargite ai due principali partiti del governo a solidificare (rinsaldare sarebbe francamente troppo) la posizione di Conte e allontanare lo spettro delle elezioni anticipate e di Matteo Salvini che incombe (ormai il leader della Lega è l’incubo del presidente del Consiglio, che lo cita in ogni occasione per criticarne l’operato)?
Si vedrà: un banco di prova saranno le elezioni regionali in Calabria e soprattutto in Emilia Romagna che, nonostante tutti si affrettino a dire che non sono un test sul governo, rappresenteranno lo spartiacque dell’attuale esecutivo Conte bis. E poi, altro fattore da non sottovalutare è l’erosione, lenta ma costante, dei numeri in parlamento, con i mal di pancia di diversi parlamentari, che potrebbero essere tentati a saltare il fosso e staccare la spina all’attuale premier. Infine, le centinaia di nomine che il governo dovrà fare con l’anno nuovo, che inevitabilmente stimolano gli appetiti di tutte le forze politiche che sostengono l’esecutivo, ma che potrebbero avere un effetto boomerang.