L’Ars prova a riscaldare i suoi motori, recentemente più che ingolfati, riavviando la macchina legislativa dopo un buco di per sé abbastanza significativo che ha caratterizzato gli ultimi mesi. Il banco di prova che neanche il centrodestra vuol più minimizzare riguarda la reintroduzione delle ex Province, in discussione da domani a Sala d’Ercole.
Il presidente della Regione Renato Schifani ne fa non solo una questione pratica e di riorganizzazione dei territori, ma anche una leva per proseguire nel dialogo tra luci e ombre con Roma che, intanto, mantiene ancora in vita la normativa di riferimento della Delrio. La bozza della riforma statale c’è ed è monitorata dal calabrese Mario Occhiuto, solo omonimo del presidente della Regione Calabria, che fa parte del Comitato ristretto costituito al Senato.
Una galassia di enti paralleli, di consorzi, di Gal, Distretti e società partecipate giacciono, al momento privi di grandi stanziamenti e fanno gola a chi guarda con interesse alla rivalorizzazione degli enti strumentali collegati alla macchina amministrativa provinciale e anche a un poco di clientela politica per i territori. Del resto fu proprio la matrice di razionalizzazione della spesa dei costi della politica a disarcionare il vecchio assetto amministrativo.
Sbirciando su alcuni dei numeri forniti dal Ministero dell’Economia, la spesa della Regione Siciliana, nel 2012, è stata di oltre 9 miliardi di euro, quella dei Comuni di 4,5 miliardi e quella delle Province di 600 milioni. Nelle Province la dotazione negli uffici è progressivamente scesa, e come per l’Amministrazione regionale i numeri del personale sono quasi dimezzati. Al momento dello stop le Province contavano 5 mila e 600 dipendenti, e i dirigenti l’1,8% del totale. Il personale delle Province costava 39 euro a ciascun cittadino siciliano, quello della Regione più di 320 euro e quello dei Comuni quasi 300 euro. Ha funzionato poco e niente invece il meccanismo di accorpamento quando si pensò di spostare il personale delle Province nella Regione o sui Comuni capendo subito che la spesa pubblica sarebbe aumentata vertiginosamente.
A colpi di risanamento di aumento della compartecipazione delle regioni alla spesa pubblica Roma si è sostanzialmente disimpegnata nei confronti dei soldi da assegnare, aggiungendo la beffa che le funzioni degli enti senza soldi in cassa sono rimaste a carico dei governi regionali.
L’ultimo stanziamento dell’era Crocetta, all’epoca l’assessore alle Autonomie locali era l’attuale vicepresidente dell’Ars Luisa Lantieri, ammontava a 65 milioni di euro. In verità a nessuno ha fatto bene l’immobilismo di questi anni.
Non a caso la Corte dei conti per commentare gli effetto dello stallo ha parlato di “paralisi funzionale” per dirla pulita sul prolungato stand by delle gestioni commissariali. Differenziazione di funzioni, vigilanza alberghiera, viabilità secondaria, raccordo di enti di gestione di rifiuti e idrici sono solo alcune delle tematiche di fondo che potrebbero integrare l’attuale testo di partenza.
Forse da domani, se Sala d’Ercole non deciderà per altri motivi un eventuale rinvio tecnico della legge da incardinare, sarà tempo di confronto politico, di ammissione degli errori del passato e di riallineamento verso una riforma essenziale e di funzione. La Dc di Andrea Messina, assessore al ramo e cuffariano doc aspetta di potersi intestare il risultato.