I 5 stelle preparano la volata a Giancarlo Cancelleri, pronto a lanciare la sfida per la conquista di palazzo d’Orleans. Dettano i tempi agli altri partiti, Pd in testa, obbligandoli a scelte più rapide, portandoli fuori dal pantano dell’indecisione.
Lo fanno con una manifestazione pubblica (quella di domenica 9 luglio dalle 19,30 al Castello a Mare di Palermo, alla presenza di Grillo, Casaleggio Jr e Di Maio), un bagno di folla, una celebrazione ufficiale. Ma anche con un rito telematico, un’elezione indiretta che gli scettici e i più critici bollano come ‘poco rappresentativa’ e che dà il via, di fatto, alla campagna elettorale in vista del prossimo 5 novembre.
«Siamo pochi a scegliere il candidato con un clic? – commenta al volo un attivista – ma almeno lo facciamo in maniera libera, negli altri partiti decide uno solo, o al massimo in due o tre, chiusi in una stanza».
Difficile dire che non è vero e ribattere alla lucida ed essenziale grammatica del Movimento, fatta di poche regole. Un piccolo tempio di novità con il quale la politica siciliana comincia a confrontarsi.
La Sicilia a 5 Stelle che verrà è partita il giorno in cui Crocetta è diventato presidente della Regione. Quando Gianfranco Miccichè, chiuso nel suo risentito isolamento, aveva costretto Nello Musumeci a uno spareggio con poche speranze, accettando un liberatorio ridimensionamento del suo schieramento.
La rappresentazione di tutto questo veniva affidata al terzo posto ottenuto da Cancelleri, candidato alla presidenza del Movimento 5 Stelle, che aveva ottenuto 368mila voti e il 18% del consenso dei siciliani i quali, è noto, sono capaci di fare una rivoluzione per volta.
E cosi prima è toccato alle speranze, affidate al ‘sindaco dei siciliani’, oggi in crisi con il suo partito e alle prese con mille problemi. Oggi, alla vigilia della seconda fase delle ‘regionarie’ che designano il candidato-presidente per il prossimo 5 novembre, la fiducia nei ragionamenti e nel metodo scelto, negli ambienti grillini in Sicilia è al massimo.
Dogmi forse, è vero, non meno però delle contraddizioni lasciate in campo da Pd e Forza Italia.
L’occasione perduta delle primarie nel centro destra, chieste più volte inutilmente da Musumeci, rimbalza nell’urna virtuale dei 5stelle. Poco più di una formalità forse, ma un passaggio che non viene saltato. La strada che si afferma è che non esistono soltanto due forme di democrazia, quella rappresentativa e, al meglio, quella partecipativa, ma anche una diversità fatta di modi diversi di deliberare, decidere, discutere. Una leva che anima anche la partecipazione al voto.
Un clic che genera il big-bang di un cambiamento possibile.
In questi giorni, nelle segreterie dei partiti si considera che l’astensionismo, se confermato, trasformerà le regionali a un’elezione maggioritaria a turno unico, come in un piccolo paese qualsiasi sotto i 15mila abitanti. Il primo che arriva vince; gli accordi si fanno prima, le liste si stipano di ‘grandi elettori’ riconoscibili nei territori. Tutto può succedere.
Forse è così. E forse no.
Forse la Sicilia del cambiamento è già in movimento. E in pochi se ne vogliono accorgere.