Tra impianti fotovoltaici, eolico offshore e grandi reti elettriche, il paesaggio energetico dell’Isola è in rapido movimento. Ma non mancano dubbi e resistenze.
La Sicilia è da tempo terra di luce e vento, ma oggi quelle risorse naturali stanno assumendo un valore strategico, non solo simbolico, ma concreto. Secondo il Rapporto 2025 di The European House-Ambrosetti, l’isola ha davanti a sé un’occasione storica, ovvero diventare un vero e proprio “hub energetico” nel Mediterraneo.
La Sicilia che si distingue come una delle regioni italiane con il più alto potenziale in energie rinnovabili, nel 2025 una delle grandi aziende energetiche presenti sull’isola ha annunciato investimenti per circa 270 milioni di euro destinati a creare 230 MW di nuova capacità rinnovabile, con impianti fotovoltaici nelle province di Palermo e Trapani.
Ma non è tutto, la spinta verso le rinnovabili coinvolge anche altre tecnologie. Tra fotovoltaico, eolico (anche offshore), agrivoltaico e possibili nuove forme di produzione, la Sicilia potrebbe giocare un ruolo chiave nella transizione energetica del Sud, e dell’Italia intera.
Inoltre, lo sviluppo delle rinnovabili non è solo questione di green-image. Una maggiore produzione locale di energia pulita può significare una riduzione della dipendenza da combustibili fossili, riduzione dei costi energetici per cittadini e imprese, vantaggio competitivo per nuove attività economiche, creazione di nuovi posti di lavoro, rilancio di aree depresse o marginali.
Verso un “sistema energia + infrastrutture”: non basta produrre, serve farlo bene
Ma diventare hub energetico non significa solo installare pannelli o pale eoliche. Il vero salto e tra le altre cose anche il più ambizioso, è quello di costruire un sistema integrato, che collega produzione, distribuzione, accumulo, rete nazionale e internazionale.
In questo contesto s’inserisce il progetto Tyrrhenian Link, ovvero un cavo sottomarino in corrente continua che collegherà la Sicilia con Sardegna e Campania, permettendo di trasportare fino a 1.000 MW per tratta. Con la posa della tratta est già completata a maggio 2025, la strada verso una rete efficiente e connessa appare concreta. Non meno importante è il lavoro su efficientamento, accumulo, connessione degli impianti: la gestione delle richieste di connessione alla rete elettrica in Sicilia è in costante crescita, segno che la domanda di green energy, da parte di imprese e cittadini, è reale.
In altre parole la Sicilia non è solo “un luogo adatto per rinnovabili”, ma potrebbe diventare un crocevia energetico, un “hub” che produce, distribuisce e magari esporta energia pulita, contribuendo in modo significativo agli obiettivi di decarbonizzazione dell’Italia e del Mediterraneo.
Le sfide da affrontare: non solo opportunità
Eppure la strada non è priva di ostacoli. Alcuni aspetti critici emergono già oggi, e richiedono scelte responsabili e visione di lungo periodo. Nonostante la crescita delle rinnovabili, la produzione complessiva di energia in Sicilia è ancora mista, non tutte le fonti sono green, e il passaggio completo richiede tempo, investimenti, e un adeguato quadro normativo.
Il timore espresso da alcuni, anche a livello politico e istituzionale, riguarda l’aggressione del territorio, l’installazione massiva di pannelli e impianti può entrare in conflitto con agricoltura, uso del suolo, paesaggio, esigenze delle comunità locali.
Serve inoltre garantire che la nuova economia energetica generi occupazione stabile e qualificata, che non aumenti soltanto i numeri degli impianti, ma rafforzi competenze, formazione, inclusione, soprattutto in un’isola che già affronta sfide economiche e sociali.
Un’idea per guardare avanti: transizione, innovazione e inclusione
L’opportunità siciliana è, in buona parte, ancora da scrivere. Ma c’è già materia prima, risorse naturali, volontà politica, imprese in movimento, progetti infrastrutturali, per provare a tracciare un nuovo modello. Un modello che non sia solo “energia pulita”, ma anche “economia nuova”: lavoro, sviluppo sostenibile, modernizzazione, autonomia energetica e industria green.
Un possibile piano d’azione per la Sicilia del futuro potrebbe comprendere il primo luogo lo sviluppo massiccio e regolamentato di impianti rinnovabili, ovvero fotovoltaico, eolico, agrivoltaico, offshore, tenendo anche conto di ambiente, paesaggio, comunità locali. Infrastrutture di rete e interconnessione (come il Tyrrhenian Link) che colleghino l’isola al continente e ne facciano crocevia energetico per il Sud.
Formazione professionale e incentivi per far nascere una filiera energetica “siciliana”: tecnici, manutentori, ingegneri, operatori green. Politiche per fare in modo che l’energia prodotta “resti” e benefici le comunità locali, non finisca solo in “esportazione”, ma serva per abitazioni, imprese, imprese turistiche, agricoltura sostenibile. Infine, un piano paesistico-ambientale che bilanci rinnovabili e tutela del territorio, paesaggio, agricoltura, coste, identità storiche.
Un futuro ancora aperto. Dunque, la Sicilia ha tuttorisorse naturali, posizione geografica, investimenti privati e progetti infrastrutturali, per diventare davvero il cuore energetico verde del Mediterraneo.
Ma il punto non è solo “quanta energia pulita” producibilà l’isola.
Il punto è come lo farà. Tre sono gli interrogativi che oggi attraversano governo regionale, imprese e cittadini. La transizione sarà realmente sostenibile per il territorio?
Senza consumo eccessivo di suolo e senza “colonizzazioni energetiche”? Ancora, i benefici ricadranno sulle comunità locali?
In termini di lavoro, riduzione dei costi energetici, servizi e sviluppo?
Infine, la Sicilia avrà la forza di modernizzare la rete e attrarre nuove filiere industriali, non solo impianti?
Se queste domande troveranno risposte concrete, la Sicilia potrà davvero trasformare la propria immagine, da terra periferica e fragile a protagonista della nuova economia energetica europea. Non un sogno, una possibilità reale. Ma che richiede scelte chiare, competenze locali e una visione che metta insieme ambiente, sviluppo e comunità.





