La Guardia di Finanza di Palermo ha confiscato beni connessi agli investimenti della mafia corleonese nelle società di distribuzione del gas. Si tratta di beni mobili e immobili, aziende, disponibilità finanziarie, contanti e preziosi, in Italia, Spagna e Andorra.
Il decreto di confisca è stato disposto nei confronti di Maria D’Anna, 72 anni; Monia Brancato, 45 anni e Antonella Brancato, 36 anni, rispettivamente, vedova e figlie di Ezio Ruggero Maria Brancato, (deceduto nel 2000), ex funzionario della Regione Sicilia fino al 1981. Brancato aveva effettuato nel corso degli anni investimenti in alcune imprese palermitane, coinvolte, a partire dagli anni ’80, nel complesso processo politico imprenditoriale che ha portato alla realizzazione della rete di metanizzazione in Sicilia e aveva ricavato profitti derivanti dalla loro gestione e successiva vendita, avvenuta nel gennaio 2004, a favore della multinazionale spagnola “Gas Natural”, per un valore di oltre 115 milioni di euro, di cui oltre 46 milioni rappresentavano il profitto della cessione delle quote pagato a Maria D’Anna e alle figlie Monia e Antonella Brancato.
In particolare, Ezio Ruggero Maria Brancato, era socio di sei società facenti capo al cosiddetto “Gruppo gas” con sede a Palermo, ritenute, come accertato dalle indagini nel tempo eseguite, sotto il controllo dei noti esponenti mafiosi come Vito Ciancimino e Bernardo Provenzano. In particolare, i diversi collaboratori di giustizia hanno riferito che il “Gruppo GAS” era un’espressione di Ciancimino, il quale era – scrivono i giudici del Tribunale –“l’interfaccia di Salvatore Riina e Bernardo Provenzano”. Il “Gruppo Gas”, attraverso i sub appalti concessi ad imprese vicine alla criminalità organizzata, avrebbe interagito con Cosa Nostra in una logica di “reciproco vantaggio”.
Il frutto della maxi operazione di vendita delle società del Gas è stato reinvestito in società, mobilità finanziare, ma soprattutto in immobili di grande pregio a Palermo (fra i quali spiccano un intero palazzo con vista sul teatro Massimo, un attico sul Giardino Inglese, ed altri in via Dante o in zona Notarbartolo), in Sardegna (in Costa Smeralda nella nota Cala del Faro ad Arzachena) ed all’estero.
Inoltre il lavoro di ricostruzione dei flussi finanziari ha consentito di individuare il patrimonio della famiglia Brancato in Spagna e quello nel Principato di Andorra, Paese con il quale è stata avviata dallo stesso Procuratore Capo di Palermo una cooperazione giudiziaria che ha aperto per la prima volta alla collaborazione attiva con l’Italia. Sono stati pertanto rinvenuti, celati nei caveau delle banche pirenaiche, intestati a terze persone e società di comodo, rapporti bancari e cassette di sicurezza che contenevano decine di preziosi monili e migliaia di euro in contanti.
La stima del valore dei beni complessivamente confiscati, allo stato ancora in corso di definizione, ammonta ad oltre 40 milioni di euro e riguarda: 6 aziende commerciali con sede in Italia e Spagna; 5 quote societarie detenute da società italiane; 59 immobili di pregio situati sul territorio Italiano (Sicilia – Palermo, Sardegna – Costa Smeralda) e spagnolo (Barcellona); 4 autovetture (di cui 3 in territorio spagnolo); 1 motoveicolo; 118 rapporti finanziari detenuti in Italia, Spagna e Principato di Andorra; crediti vantati nei confronti di persone giuridiche e persone fisiche; denaro contante.
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