Acquisire una nuova emotività, far riemergere una parte del proprio lato fanciullesco e nei casi più accentuati perdere per strada un pezzo per volta dei propri ricordi. E’ questa l’altra faccia dell’Alzheimer. Chi ha un genitore o un parente affetto da questa patologia neurodegenerativa lo sa benissimo. Tempi e spazi necessitano di essere modellati e ridimensionati in favore del proprio caro per il quale non esistono cure per arrestare il progressivo deterioramento celebrale. Le uniche armi? L’amore e la vita. Proprio questi due elementi sono il cuore pulsante del progetto “Alzheimer Caffè“. Insomma, sembra strano ammetterlo ma piccole pagine di buona sanità esistono anche a Palermo. Ma non è detto che possa essere così anche in futuro.
Come nelle migliori delle favole, anche in questo caso, l’insidia è dietro l’angolo. Nonostante il lavoro e i benefici che nel corso della sua vita è stata in grado di offrire, adesso la struttura rischia di dover mettere un punto alla propria attività e scrivere la parola fine. Il progetto, con sede in via La Loggia e frutto di una convenzione tra il Policlinico Paolo Giaccone e l’associazione “La Grande famiglia“, a fine marzo potrebbe chiudere i battenti. Il motivo? La dolorosa scelta nasce dal mancato rinnovo dei finanziamenti regionali. O meglio da un assordate silenzio da parte dei piani alti dell’assessorato alla Salute.
“Sarebbe importante comprendere perché questo centro deve chiudere, capire la motivazione, se c’è la possibilità di una riapertura e quindi di avere una continuità, anche con un nuovo progetto“. Così i familiari e i caregivers hanno commentato l’imminente chiusura, auspicando una soluzione che possa permette il proseguimento delle attività. “Già in passato avevamo scritto una lettera ma non abbiamo avuto nessun riscontro. Chiudendo il centro siamo tutti in mezzo alla strada e non sappiamo a chi affidare queste persone e come gestire le loro giornate. Una cosa è farlo in comunità, una cosa è in casa, singolarmente“.
Una situazione al dir poco sorprendente e paradossale che li ha spinti a scrivere una lettere aperta indirizzata a Giovanna Volo, assessore alla Salute, e a Salvatore Iacolino, dirigente generale del dipartimento regionale per la pianificazione strategica dell’assessorato. Poche righe, dirette e sincere, che sottolineano e mettono in luce tutto ciò che di buono i pazienti riescono a trarre dalla struttura. Intanto, in attesa di una risposta, familiari e caregivers sono già pronti a mobilitarsi e in programma per lunedì 18 marzo è prevista una manifestazione proprio davanti l’assessorato, a Piazza Ziino.
La richiesta è chiara: la stabilizzazione del centro diurno. “Volevamo ringraziarla dell’importantissima opportunità che ci ha fornito – si legge – dimostrandosi persona sensibile e vicina a questo tipo di problematica che investe sempre più numerose famiglie. Con questa nostra lettera, chiediamo di stabilizzare il nostro Centro Diurno, affinché i nostri cari possano continuare a beneficiare e a non perdere gli obiettivi raggiunti durante quest’anno, rallentando la progressione della malattia e dando un grande aiuto indispensabile per noi familiari e caregivers, nel gestire l’enorme carico dell’accudimento delle persone affette da una patologia tanto invalidante e degenerativa“.
“Alzheimer Caffè“, accessibile cinque giorni la settimana, dal lunedì al venerdì, dalle ore 9 alle 13, non è più una semplice realtà ma una vera e propria boccata di ossigeno, una stampella di appoggio, per i pazienti e i loro familiari, che si distingue per la sua accoglienza e la professionalità di tutti gli operatori. Tante e variegate sono infatti le figure che animano e accompagnano le mattine degli ospiti del centro: un medico responsabile, da uno psicologo, un musicoterapista, uno operatore socio-sanitario, un educatore professionale e un amministrativo coadiuvati da volontari del servizio civile in carico all’associazione.
Dalle attività ricreative a quelle ludiche fino alle programmate “gite fuori porto“, come lungo le coste dell’Addaura o alla scoperte di bellezze storiche della città come il Teatro Massimo. Scorrono così tra qualche sorriso e una risate le giornate dei pazienti del centro diurno. Tutto appare scontato ma così non è. Alzheimer e demenze sono spesso patologie associate all’isolamento, alla solitudine e al declino. Inclusione e ascolto, come dimostrato, si rivelano l’unica risposta accessibile.