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Lavoro, Confartigianato: “Puntare sull’apprendistato”

domenica 7 Ottobre 2018
apprendistato

Accelerare sull’apprendistato, digitalizzare e quindi ridurre i tempi della burocrazia, che al Sud sono doppi rispetto al Nord, creare le condizioni per l’autoimprenditorialità, vera essenza delle imprese artigiane, spingere ancora più sulle esportazioni, che continuano a far segnare numeri positivi, al Mezzogiorno ancor più che al Settentrione: è la ‘ricetta’ per la crescita messa in evidenza da Confartigianato nel corso di un forum nella sede dell’ITALPRESS.

A parlarne il presidente nazionale, Giorgio Merletti, e il vicepresidente con delega alle politiche del Mezzogiorno, Filippo Ribisi, a conclusione della “Convention del Mezzogiorno” organizzata a Palermo.

“La formazione è fondamentale e ha un costo. E’ un investimento, è il valore aggiunto dell’azienda – spiega Merletti -. Il lavoro è cultura, a tutti i livelli. Partiamo da qui. Alcune cose dobbiamo impararle dai tedeschi. In Germania la formazione duale la chiamano cultura duale. Noi di giovani laureati che sappiano utilizzare certe tecnologie abbiamo gran bisogno. Bisogna far partire la comunità che non è scomparsa”. 

Filippo Ribisi, presidente Confartigianato Sicilia

Ribisi sottolinea che non è vero che i giovani di oggi non vogliono lavorare, più che altro non hanno occasioni di lavoro soddisfacente. Non possiamo pensare solo ai call center, non è questa la strada per creare occupazione. I ragazzi lavorano se si creano le condizioni. E la formazione orientata alle esigenze della società non è sbagliata. Poi ognuno sceglie la professione più vicina alle proprie aspirazioni. Al momento la formazione serve ai formatori, non al mercato del lavoro, e in Sicilia è sempre stato così. A noi dicono che stanno cambiando, ma questo lo sento da tanti anni. Se hanno coraggio gli spazi ci sono e ci sono professioni richieste. Bisogna affidare la formazione a chi la sa fare, serve una vera legge sull’apprendistato”.

Svantaggio spiccatamente italiano è l’eccesso di burocrazia a tutti i livelli.

La pressione schiaccia il Mezzogiorno con un’intensità doppia, pari al 48,2% in più, rispetto al Centro Nord. “Di certo è un problema. Bisogna cambiare rotta e serve valorizzare ciò che funziona, a cominciare dalle piccole imprese, che tra il 2015 e il 2017 hanno creato 219mila posti di lavoro in più rispetto alla media-grande impresa – racconta Merletti -. Il Jobs Act ha creato stipendi, ma è l’apprendistato a creare posti di lavoro. Hanno usato il cannone per sparare sull’articolo 18. Sarebbe interessante capire anche quanto è costato, io l’ho definito un costosissimo sedativo. Cosa chiediamo al Governo? Scattare tutti dalla stessa linea di partenza e arrivare tutti alla stessa cosa con la stessa dotazione”.

L’ostacolo burocratico è più avvertito da Roma in giù, conferma Ribisi: “Il problema non è acquistare i computer ma ‘digitalizzare i cervelli’. Se non si va in modalità ‘Testa 4.0’ non si va da nessuna parte. Bisogna cominciare a ragionare in termini digitali, in termini smart. Bisogna semplificare le procedure, devono cambiare le cose, dal dirigente all’usciere”.

Si registrano intanto segnali confortanti sul fronte del commercio estero: le piccole imprese meridionali recuperano rispetto al resto d’Italia: nel primo semestre 2018 la crescita delle loro esportazioni fa segnare un 4,6%, meglio del +2,7% del Centro Nord. E la vitalità imprenditoriale del Sud si è espressa nel 2017 con la nascita di 66 aziende artigiane al giorno. Gran parte dell’artigianato meridionale è impegnato nei settori del turismo, dell’economia circolare e della manutenzione e conservazione di opere pubbliche e beni culturali.

Bisogna spingere anche sull’autoimprenditorialità, fondamentale per combattere la disoccupazione giovanile: “Siamo per incentivare l’autoimprenditorialità ma siamo anche per le regole, bisogna formare le persone al rispetto delle regole, alle competenze, al che cos’è un’attività, un’impresa, non solo per marketing e immagine personale – conclude Ribisi -. Non si può giocare sulla sensibilità delle persone e in tal senso la responsabilità delle associazioni è enorme. Se ci sforziamo di creare la cultura dell’impresa allora può funzionare”.

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