“La legge sulla protezione della fauna selvatica e il prelievo venatorio (n.157/1992) compie 30 anni ma “risulta ormai datata e superata da pandemie e crisi di biodiversità”.
Lo afferma Legambiente rilevando che “la normativa tutela un misero 1,1% di tutte le specie animali presenti stabilmente o temporaneamente nel nostro territorio” cioè “643 specie e sottospecie (comprese le specie di mammiferi e uccelli marini) protette su un totale complessivo di 57.460 specie e sottospecie di animali selvatici noti per l’Italia”.
Nel report dal titolo “La tutela della fauna selvatica e il bracconaggio in Italia”, l’associazione ambientalista spiega che “dal 2009 al 2020” sulla base di dati “ricevuti dalle Forze di Polizia, sono stati riscontrati oltre 35.500 illeciti contro la fauna selvatica, ben 2.960 ogni anno, con una media di quasi 250 illeciti ogni mese, che hanno portato alla denuncia di oltre 21.600 persone, poco più di 1.800 ogni anno, più di 150 ogni mese, con oltre 21.900 sequestri, oltre 1.800 ogni anno, circa 150 al mese, e all’arresto di 175 persone, 15 ogni anno, 1 ogni mese. Il numero più alto di reati in questi anni si è registrato nel Lazio (5.049 illeciti), in Lombardia (3.657) e Campania (2.937)”.
La legge quadro, aggiunge Legambiente, “non regolamenta le tante attività umane come agricoltura, forestazione e viabilità che hanno quotidiana relazione con la fauna selvatica omeoterma” (mammiferi e uccelli) e “a dispetto delle crescenti minacce alla biodiversità, delega la responsabilità della gestione attiva della fauna selvatica omeoterma alla caccia privata in oltre 4 milioni di ettari e sempre ai cacciatori in altri 19 milioni di ettari destinati a caccia programmata, lasciando poco più di 3 milioni di ettari per la tutela della fauna gestiti da Enti pubblici. Uno squilibrio con gli interessi generali del Paese”.
Nel lanciare alcune proposte, Legambiente ribadisce tra l’altro “l’urgenza di adeguare la legge quadro, inserendo anche i delitti per gli illeciti contro gli animali selvatici nel codice penale, rafforzare e specializzare il personale degli organi inquirenti e il sistema sanitario veterinario per la prevenzione di zoonosi e patologie animali che possano avere pesanti ricadute sociali”.