Oggi la vostra Patti Holmes vi fa immergere nelle tradizioni popolari siciliane attraverso il detto “Il mattino ha l’oro in bocca” e il termine “Truvaturi“. Il primo nascerebbe da una antica usanza isolana secondo cui, la sera precedente al fidanzamento, la fanciulla, ormai prossima alle nozze, era solita nascondere un gioiello d’oro in una delle fontane del paese, che l’indomani le amiche nubili avrebbero dovuto cercare. Chi di loro l’avesse trovato, e chi si fosse alzata prima avrebbe avuto sicuramente più possibilità, si sarebbe fidanzata nel giro di poco tempo. Un risveglio, quindi, al profumo di inebrianti e promettenti fiori d’arancio.
Per quanto riguarda il termine “Truvaturi”, che alcuni fanno fantasiosamente derivare dal provenzale trobador, a sua volta dal verbo trobar, “trovare”, è che non si riferisce a persone, ma a cose.
Ma che genere di cose? Sveliamo l’arcano. Quando nell’827 i musulmani invasero la Sicilia, gli abitanti, spaventati, sotterrarono i propri tesori in posti sicuri e, specialmente, sulle pendici dell’Etna. Si narra che questi truvaturi, ricchezze, siano custoditi dai “pircanti“, spiriti che con la magia impediscono il ritrovamento.
Un giorno, un pastore, che pascolava le sue pecore proprio alle pendici del Dio borbottante, vide una grossa pietra che chiudeva una grotta e un anello di ferro piantato in essa che, incuriosito, cominciò a tirare così forte da scoperchiarne l’ingresso. Meraviglia delle meraviglie ecco che ai suoi occhi apparvero ventiquattro mucchi di monete d’oro, con cui riempì la sua bisaccia. Arrivato all’uscita della grotta, con l’intento di tornare a prendere il resto, senti una voce femminile, dirgli: “Villano, come osi portarti via i denari?” Il mandriano, terrorizzato, lasciò a terra il bottino, rimise la pietra a chiudere l’ingresso ma, questa volta, con l’anello rivolto verso l’interno. Così facendo, involontariamente, perse e fece perdere ogni punto di riferimento a chiunque avesse voluto trovare il tesoro.
Buoni “truvaturi” a Tutti.