Aumentano i turisti attratti dalle bellezze della Sicilia. Le ultime cifre parlano di un complessivo +17% di passeggeri negli aeroporti dell’Isola rispetto al 2019 e di un aumento a doppia cifra anche rispetto allo scorso anno. Gli arrivi dall’estero sfiorano numeri da capogiro, l’80% rispetto al 2022. Dovremmo gioirne. Invece, niente, noi siciliani siamo capaci di trasformare una buona notizia in una pessima notizia. Amiamo troppo complicarci la vita.
Sarà la situazione di emergenza causata dall’incendio al Terminal A di Fontanarossa, sarà il caldo che a volte dà alla testa, ma non fa bene a nessuno il braccio di ferro a distanza tra la Regione e i gestori dei principali scali, che in questi ultimi due giorni sono stati spremuti all’inverosimile per cercare di ridurre al minimo i disagi per i passeggeri dirottati da Catania.
Secondo le prime informazioni, l’ipotesi è quella di far completare il check in ai passeggeri direttamente a Fontanarossa. Poi, farli salire a bordo di autobus diretti a Sigonella, da dove decolleranno gli aerei di linea. Lo stesso avverrà, con la procedura inversa, per i voli di ritorno a Catania. Una misura simile a quella adottata già nel 2012, quando le ceneri vulcaniche avevano costretto alla chiusura dello scalo etneo.
“L’uso dello scalo militare di Sigonella per fronteggiare l’emergenza determinata dal rogo dell’aeroporto di Catania è una soluzione di buonsenso che potrà aiutare a evitare settimane intere di caos nel sistema aeroportuale siciliano”, secondo il
presidente della commissione Difesa della Camera dei deputati Nino Minardo.
“È chiaro che non ci potremo lasciare alle spalle questa ennesima emergenza senza prendere finalmente consapevolezza che a Comiso c’è un aeroporto moderno e funzionale che andrebbe utilizzato a pieno e valorizzato in un sistema aeroportuale della Sicilia Orientale. Non si può continuare a trattare l’aeroporto di Comiso come una ruota di scorta”, conclude.
Ed è proprio da questa considerazione che non si può non partire. Se al “Vincenzo Bellini” di Catania e al “Falcone-Borsellino” di Palermo si aggiungono anche gli aeroporti di Trapani e Comiso, oltre a quelli di Lampedusa e Pantelleria, è anche vero che in Sicilia un tempo erano operativi altri ben otto scali. Parliamo di basi militari usate per lo più durante la Seconda Guerra Mondiale. Un paio di queste, però, sono rimaste funzionanti anche per alcuni decenni successivi.
È il caso di Ponte Olivo, a Gela, che Enrico Mattei era solito utilizzare insieme ai dirigenti dell’Eni. Oppure dell’aeroporto di Trapani-Chinisia, che da base militare si è trasformato in scalo civile per voli regionali ed è rimasto attivo fino al 1964, quando i voli sono stati poi spostati sul “Vincenzo Florio” di Birgi. In zona, c’era anche Trapani-Milo, con la sua pista ancora esistente. È stato sede fino al 2010 della base “Luigi Broglio” dell’Agenzia spaziale italiana. Dall’altro lato dell’Isola, nel periodo bellico erano operativi anche l’aeroporto di Biscari-Santo Pietro, a Caltagirone – una semplice pista in terra battuta – e quello di Gerbini-Paternò, nella Piana di Catania, che oggi è in parte adibito a terreni agricoli e in parte è stato utilizzato per creare la pista di Sigonella.
Completamente in disuso da decenni, invece, sia la base di Castelvetrano, nel Trapanese, che nel 2010 è diventata bene patrimoniale dello Stato, e quella di Sciacca, nell’Agrigentino, attiva solo fino al 1943. L’unico scalo su cui ci potrebbero essere delle novità, per il momento, resta l’Idroscalo di Siracusa, con l’Aeronautica militare che nei mesi scorsi pare si sia attivata per un nuovo progetto di riqualificazione.
Se sugli aeroporti in disuso nell’immediato non si può fare nulla, sugli scali minori si può agire in nome della continuità territoriale? La domanda è lecita. Ma, poi, cosa è effettivamente la continuità territoriale? È la stessa Camera dei deputati che la definisce come la “capacità di garantire un servizio di trasporto che non penalizzi cittadini residenti in territori meno favoriti” e che “si inserisce nel quadro più generale di garanzia dell’uguaglianza sostanziale dei cittadini e di coesione di natura economica e sociale, promosso in sede europea”.
In Sardegna ci sono riusciti da anni, ormai. E non soltanto per il periodo estivo, anzi. A tariffe residenti, frequenze prestabilite e fasce orarie predeterminate nei collegamenti da e per i tre aeroporti sardi con Roma Fiumicino e Milano Linate, la Regione vuole aggiungere gli aiuti diretti ai vettori per l’abbattimento delle tariffe aeroportuali, per l’apertura di nuove rotte per la la seconda isola più grande d’Italia, temi per i quali è stato da poco approvato un disegno di legge e già all’esame della competente commissione regionale, e la sperimentazione degli aiuti sociali, che si configurano nel contributo diretto al passeggero per l’abbattimento del costo del biglietto aereo.