Finalmente un thriller di classe, scritto con un linguaggio semplice ma originale insieme, e con un ritmo narrativo magistrale che non ha nulla da invidiare ai più grandi scrittori del genere. Ridurre questo bel romanzo ad un thriller, seppur di altissimo livello, è riduttivo. È al contempo un libro sociale e drammatico, di violenza e di riscatto, di prepotenza e di glaciale vendetta al femminile… fredda vendetta come gli ambienti svedesi nei quali è ambientata la narrazione.
Se è vero come è vero che il genere thriller rimanda a una forma narrativa basata sulla tensione, sulla sorpresa, sulla paura e sull’ansia che qualcosa di irreparabile sta accadendo, che imprigiona il lettore in una condizione di piacevole suspense, e anche vero che è lo stile narrativo che produce questo effetto emozionale e non certo la storia in sé che se non ben strutturata e ritmata narrativamente può risultare sterile di emozioni e di pathos.
Läckberg, come hanno ben definito alcuni critici letterari, da questo punto di vista è un talento naturale. E a questo proposito non è peregrino recuperare l’interessante tesi formulata da Leonardo Sciascia quando nei suoi scritti tra il 1957 e il 1989 sul romanzo giallo e sul romanzo poliziesco – tutti recuperati recentemente da Paolo Squillacioti in un interessante raccolta edita da Adelphi nel 2018 dal titolo “Il metodo di Maigret” – sostiene che il fascino della lettura thriller vede altalenare l’identificazione del lettore tra il carnefice (l’autore del delitto) e l’investigatore (il poliziotto che va a caccia dell’assassino), dove il lettore “gode” delle imprese di chi il delitto lo commette.
Nella lettura di “Donne che non perdonano”, così come in quella altrettanto originale datata 2005 di un altro grande scrittore svedese, Stieg Larsson, in “Uomini che odiano le donne”, è facile che il lettore si identifichi con le donne protagoniste delle tre storie parallele che svestono i panni delle vittime per divenire carnefici dei loro uomini che fino ad un momento prima erano stati gli aguzzini delle loro donne.
L’azione catartica e liberatoria, ma insieme una sorta di riscatto sociale e culturale che agisce in letteratura più che nella realtà, è evidente e genera un entusiasmo che certifica l’alta qualità narrativa e l’incisiva capacità emozionale sul lettore dell’ultimo libro di Camilla Läckberg, edito in Italia da Einaudi in anteprima mondiale.
Il romanzo racconta di tre donne, Ingrid, Birgitta e Victoria. Ognuna di loro vive una storia di violenza e di prepotenza subita dai rispettivi uomini.
La cornice narrativa è la Svezia contemporanea, fredda e indifferente al maschilismo cinico e prepotente verso il quale, malgrado l’onda del movimento #MeToo, nulla fa per contrastare il triste fenomeno della violenza sulle donne, come d’altra parte avviene in quasi tutti i paesi del mondo.
E se nulla fanno le istituzioni e la cultura, allora bisogna rimboccarsi le maniche e fare tutto da sé.
Ed è quello che fanno nella storia le nostre tre donne. E qui ritorna protagonista assoluto lo stile narrativo, più che la storia, che fa la differenza rendendo il romanzo un’opera letteraria thriller di altissimo livello. Opera che va goduta tutta d’un fiato perché il lettore ne rimarrà affascinato e imprigionato fino all’ultima parola.