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Liste, parità di genere e quote rosa. Tutti in cerca della candidata vincente

venerdì 26 Gennaio 2018

Tutti alla ricerca di protagoniste femminili e donne da reclutare sui territori o da prestare alla politica. In vista delle composizione delle liste per le elezioni, il cui termine scade il prossimo lunedì, da Forza Italia ai 5stelle, dai centristi dell’Udc al Pd, da Salvini a Fratelli d’Italia.

Anche in Sicilia la ricerca ha messo in affanno dirigenti di partito e militanti. Tra i nomi che figurano in Sicilia come potenziali candidate si svaria da Ester Bonafede  (Udc) a Carolina Varchi (Fdi), da Valeria Sudano (Pd) all’uscente e pluriconfernata Stefania Prestigiacomo (FI).

L’inserimento del principio delle quote rosa nella legge elettorale (o meglio della parità di genere) ha diviso politici e studiosi in Italia. Con questo termine ci si riferisce a quegli strumenti finalizzati a tutelare la distribuzione fra i sessi all’interno degli organi rappresentativi, attraverso diversi meccanismi di calcolo e attribuzione dei seggi. L’introduzione di queste normative è ritenuta, da parte dei loro sostenitori, garanzia di una maggiore rappresentatività

Per i detrattori delle quote rosa, invece, queste normative produrrebbero una discriminazione alla rovescia rispetto alle altre minoranze non egualmente tutelate. In Europa (in particolare in Svezia, Islanda, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, e Germania) le quote di genere non sono stabilite per legge, ma sono adottate nell’ambito delle regole di partito.

In Italia si è voluto celebrare  una sorta di otto marzo della politica, un modo per conoscere un rispetto dovuto codificandolo nell’obbligo di legge.

Un principio di opportunità reso necessario,  che costituisce per molti versi un indicatore preoccupante di quanta scarsa sensibilità probabilmente ci sarebbe diversamente da così.

In Sicilia si sono candidate in passato a Palazzo d’Orleans Rita Borsellino (contro Cuffaro nel 2006) e Anna Finocchiaro (contro Lombardo nel 2008). Momenti storici in cui, entrambe le  candidate pagarono un divario in termini di voto strutturato e di trend consolidato dell’elettorato dell’epoca che rende poco attendibile l’appeal del candidato ‘donna’ nell’uno contro uno del turno maggioritario secco.

Al tempo stesso il numero di sindaci-donne nell’Isola non è aumentato e fino a questo momento non ha riguardato nessuna delle tre città metropolitane (Palermo, Catania e Messina). Discorso analogo per la Provincia dove costituì a Trapani un’eccezione il doppio mandato di Giulia Adamo (1998-2003).

Insomma, comunque vada sarà un successo per il gentil sesso nella rappresentanza siciliana e delle altre regioni nel prossimo parlamento nazionale. Ma per  non correre rischi sulla maschile si è preferito farlo dire a una legge. Non si sa mai.

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