Ci sarà un governo nazionale prima del prossimo 10 giugno, data delle prossime elezioni amministrative? Con chi andrà a trattare la Regione a Roma in questi mesi per rinegoziare gli accordi a base di centinaia di milioni di euro e il contributo alla finanza pubblica che sta finendo di massacrare le ex Province? Chi si assumerà da Roma gli impegni sui precari siciliani da stabilizzare entro l’anno?
Non mancano le domande e le curiosità che riguardano solo una serie di argomenti pendenti tra Roma e la Sicilia. Rimangono fuori da questa prima carrellata, almeno per il momento, le tensioni organizzative di acqua e rifiuti, dopo che la Sicilia è stata munita di apposito commissario straordinario, anche se sul tema del trasporto dei rifiuti all’estero un raccordo romano è necessario.
Lo stallo senza fine ha appena avuto inizio con grande pace di chi cita l’esempio di Spagna e Germania, rimaste a lungo senza un esecutivo nazionale, dimenticando che l’italica virtù del compromesso, numeri alla mano, è stata spazzata via dal voto a trazione grillo-leghista, che ama molto meno le sfumature intermedie.
E poi c’è il voto delle amministrative. I pentastellati sono chiamati a confermare l’onda gialla straripante che ha travolto la seconda Repubblica di Sicilia. A Ragusa non si dovrebbe ricandidare l’uscente Federico Piccitto
A Catania con un solo voto di differenza (18-17) il sondaggio telematico dei militanti ha premiato Giovanni Grasso, docente catanese su Matilde Montaudo.
Se il risultato dovesse essere ratificato dal movimento, l’esperienza delle parlamentarie insegna che bisogna attendere più di una conferma in questi casi, contro Bianco e Pogliese il terzo incomodo sarebbe già pronto. Ma i grillini lo vogliono un sindaco in evidenza in una città così grande e rilevante della Sicilia, in pendenza della possibilità di un ritorno al voto a giugno prossimo?
L’esperienza della Raggi due anni fa imbarazzò non poco il M5s. A cavallo di un’ipotesi di ritorno alle urne una parte dei consiglieri di Di Maio propendono per non imbarcare con eccessivo ottimismo la causa amministrativa, specie, dove, Catania, ad esempio, ci sono grossi ed evidenti problemi da gestire.
La Sicilia che cerca l’interlocuzione romana dunque dovrà attendere e non poco. Potenza del voto che non ha messo d’accordo nessuno e un grazie postumo a chi Renzi per primo ha concepito l’ibrido della legge elettorale con cui si è votato, e si rischia persino di dover rivotare.