Il tribunale di Agrigento, accogliendo la richiesta del pm della Dda di Palermo Gery Ferrara, ha disposto la confisca del patrimonio, stimato in circa 8 milioni, dell’imprenditore di Porto Empedocle Giuseppe Burgio, “re” della distribuzione alimentare nell’Agrigentino.
Del “tesoro” sequestrato in primo grado i giudici hanno restituito all’imprenditore la società new project marbles. La misura di prevenzione patrimoniale segue l’indagine della Direzione distrettuale antimafia che contesta a Burgio, già arrestato nel 2018 per bancarotta fraudolenta, intestazione fittizia di beni e riciclaggio.
Nel provvedimento, che confisca beni immobili, conti correnti, auto e attività imprenditoriali dell’indagato, i giudici sottolineano i rapporti consolidati che legavano l’imprenditore ai vertici della mafia agrigentina. Secondo gli inquirenti Burgio avrebbe assunto nei suoi supermercati, su indicazione del capomafia di Canicattì Antonino Di Caro, uomini d’onore, tra cui il boss Falzone, poi diventato collaboratore di giustizia e suo accusatore.
Dalle indagini sarebbe emerso anche che volendo aprire un negozio a Gela tramite intermediari Burgio aveva contattato il clan locale concordando il luogo in cui avviare l’attività e la scelta dei fornitori. I giudici descrivono Burgio come “un imprenditore perfettamente calato in una realtà sociale profondamente condizionata dal fenomeno mafioso” e convinto che venire a patti con i clan fosse un costo d’impresa inevitabile.